Il rock autentico non ha data di scadenza.

Mi spiego meglio.
Dapprima mi incuriosì il tipo di formazione a tre e il filone nel quale qualche giornalista americano li infilò  neanche fosse uno zelante portalettere che divide la posta presa in fondo al sacco di iuta.
Poi fu la cover che per colore di fondo (il nero) e per soggetto (le tre facce anemiche messe li in riga con il monicker che campeggia alto isolato) mi fece pensare in un nanosecondo a quella di "Closer To Home" anno 1975. Sta di fatto che a fugare gli ultimi dubbi rimasti furono le prime due/tre tracce suonate dai fratelli Sproul (basso e voce l'uno chitarra l'altro), e dall'altro ventenne Nathan Barnes.

Non avevo dubbi: Jacob, Nate e Daniel come Mark, Don e Mel (strumenti scambiati a parte).
I nipotini illegittimi dei Grand Funk, sono cresciuti nel Colorado, sono venuti su a biberon di Blue Cheer, Zeppelin, Jimi,Beatles ovviamente GFR, sono cresciuti togliendo la spina della tv e una volta imbracciati gli strumenti il più era fatto.
Lo testimoniano questo primo esordio su major e i tour variegati di spalla a Black Crowes, QOTSA, Van Halen,Who ecc.
Adesso dopo avere ascoltato decine di volte queste dodici tracce, posso dirmi convinto di essere di fronte ad una band tra le più promettenti dei nostri giorni, sicuramente.
Non lo troverete scritto da nessuna parte ma credetemi: pare che questi ragazzi abbiano trovato la ricetta che gli antichi si tramandavano un tempo e che qualcuno custodisce ancora. A cuocere sulle valvole di un finale Marshall c'è uno stampino raso di un impasto omogeneo del blues bianco creato dai Cream, la ruvidezza dei Sir Lord Baltimore,  la strabordante fisicità dei GFR e  la psichedelia dei Beatles periodo LSD.
A scanso di equivoci non ritroveremo i cori a due voci e le venature soul-funk del trio di Flint (mi riferisco a  prima di "Phoenix" per capirci) ciò non toglie che è l'unico gruppo che mi ha fatto pensare a loro da che ascolto musica. Non fosse altro per la vocalità potente e pulita di Jacob Sproul che, escursione vocale a parte, ricorda Mark Farner.

Dopo la tiratissima "Showdown", unica concessione alla modernità, vi è un lotto di canzoni clamorose "Cold Enough" e soprattutto "Cool Cody" (geniale l'organetto che sbuca a metà) e  "The Guru".
Da quando non si sentiva un suono di basso così rotondo?
Poi all'improvviso ciò che non ti aspetti. Una suite sognante, per lo più acustica, divisa in 4 trance di chiara matrice beatlesiana (la citazione di "Hey Jude" non è neanche tanto camuffata, sentite bene) che li pone un bel gradino sopra la media, rendendo godibile l'ascolto anche a chi i seventies proprio non vanno giù. Quindi viene ripreso il copione, con 4 pezzi macina groove, su tutti "Reptilian Blues" e "Man On Fire" nei quali i fratelli Sproul viaggiano in tandem che è una meraviglia fino alla conclusiva "Cross The Line" con i fraseggi di chitarra blues che sfumano lentamente.

I Rose Hill Drive hanno il pregio di discostarsi un poco dal classico suono stoner che avrebbe appiattito di molto la loro proposta musicale, pur mantenendo certi suoni "bigmuffati ©" e un basso marcato indispensabile in un trio che segua queste direttive musicali.
Per chi invece non se li fila considerandoli semplicemente "derivativi" o"revivalistici" rispondo che sicuramente i padri originari suonano meglio, ma anche che mi vengono i brividi pensando che in un futuro non troppo lontano ci sarà qualcuno che farà musica con la chitarra plasticosa del guitar-hero su basi midi, passata tramite 2.0 in un i-phone. Uploadata quindi sul nuovissimo portale "Salcazzo.net" da cui mandrie di utenti hi-tech in cuffietta possono modificarla a loro uso e consumo infarcendola di effetti e suoni artificiali da scegliere nella vastissima libreria on line, grazie all'ultimo software di grido. Così da poter sostituire la suoneria preferita del cellulare con questo popò di musica "innovativa" e mai udita prima.
Questa si che è avanguardia. Non so tra quanto ci si arriverà; di questi tempi però più o meno alla stessa velocità con cui mi sarò autoprocurato un'otite acuta da day hospital immediato per non doverla sentire.

Per fortuna mi tengo stretto questo R.H.D. e lo faccio girare ancora.
Poi mi rassicuro pensando che ci sarà sempre qualche bifolco in salopette e stivali di cuoio che seduto sulla sedia a dondolo tra un'occhiata al gregge che bruca e una sistemata allo steccato del recinto trovi modo di impugnare la sua doppietta per difendere i confini immaginari del sound classico e autentico.
Questi tre ragazzi dalla loro hanno di sicuro le spalle coperte, perché dall'alto di quella collina un occhio vigile caricato a pallettoni sorveglia la vallata e più in basso metri e metri di filo spinato da far scoraggiare anche le ombre.
Scusate ma ora devo andare ho la moka sulla stufa e un ciambellone integrale che mi aspetta.
Impastato a mano come facevano gli antichi.
Ricetta classica, naturalmente.

Il parere del commendator Bossolazzi:

4 o 5, Debaser è tassativo, io no. 4,5....ops 4 nespole e un nocciolo!

Elenco tracce e video

01   Showdown (04:04)

02   Cold Enough (04:07)

03   Cool Cody (05:23)

04   The Guru (05:19)

05   In the Beginning... (01:36)

06   Brain Novocaine (02:49)

07   Declaration of Independence (02:23)

08   It's Simple (02:21)

09   Raise Your Hands (04:59)

10   Man on Fire (02:56)

11   Reptilian Blues (07:31)

12   Cross the Line (04:20)

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