Dura ammetterlo ma culturalmente il XX secolo sta tutto in poco più di 4500 cm2.

Nel 1930 Grant Wood dipinse "American Gothic". Olio su beaverborder, una tavola ottenuta da fibre di legno compressate, rappresenta una figura maschile, ai confini della terza età, mentre regge un forcone ed un'altra, femminile, più giovane forse moglie o forse figlia dell'uomo, questo dubbio ambiguo contribuirà al successo dell'opera, davanti ad una delle tipiche costruzioni del Midwest americano: una casa in architettura Rural Gothic. I due personaggi sono dipinti in abiti che richiamano lo stile colono americano del XIX secolo e le espressioni del viso sono serie, compassate in una quasi smorfia di severa semplicità. Ad aumentare l'atmosfera lugubre la sagoma del forcone che viene riprodotta, vagamente celata, in molti altri elementi del quadro.

Da subito il dipinto, realizzato per un concorso dell'Art Institute di Chicago e mai mosso da li, suscitò reazioni contrastanti: chi vi vedeva una buffa parodia, una "comic valentine" la definirono i giudici della competizione d'esordio, degli usi e costumi della classe rurale americana, spesso intrappolata in un provincialismo gretto e meschino, chi invece un'esaltazione dello spirito di sacrificio e della sobrietà di una generazione di gente, dura ma semplice, che aveva contribuito a realizzare il Sogno Americano. A sentire Wood rappresentava tutto il popolo americano, non solo una parte, ma il sospetto che questa fosse una spiegazione a posteriori rimase, e rimane, forte.

La cosa sicura è che in ogni epoca del Novecento americano "American Gothic" assunse un ruolo ben definito e sempre diverso a seconda delle circostanze storiche, più o meno drammatiche, fino a diventarne metafora dipinta: questo trasformismo accese ben più di una fantasia anche dissacrante, per quanto si possa dissacrare un qualcosa che nasce "brutto", mai sapremo se volontariamente o no, e le parodie cominciarono a fioccare sempre più numerose fino a far diventare la coppia di contadini un'icona del arte popolare e della Pop Culture.

Ritornando all'incipit non si può non essere colti da un senso di disagio nell'ammettere che un'innocua opera di un'oscuro pittore americano anticipa, probabilmente in modo involontario, temi, culturali, pregnanti del Secolo Breve: il "brutto" che diventa forma artistica, il confine tra satira e dramma, una mancanza, voluta o meno, di tecnica che fa intravvedere la possibilità di "serializzare" l'arte, l'emergere del confine tra kitsch e camp e persino un piccolo barlume, nato non dal quadro in se ma dalle riflessioni attorno allo stesso, di Critica alla Critica. 

Se Wood avesse voluto tutto questo saremmo di fronte ad un genio ma non lo voleva e questo fa di lui il prototipo dell'artista concettuale con cui ancor oggi dobbiamo confrontarci.

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