Piccola, grande premessa: “Them Crooked Vultures” non è l’ultimo album dei Queens Of The Stone Age
(da adesso in poi, semplicemente Q.O.T.S.A.).
Resterà dunque deluso chi si aspettava un nuovo “Songs For The Deaf”, mentre faranno doppi salti mortali con triplo avvitamento carpiato tutti coloro che si aspettavano una scialba copia di “Era Vulgaris”.
Andiamo con ordine: i TCV sono un supergruppo (hard?) rock formatosi nel luglio 2009, composto da quella vecchia volpe di Josh Homme, cantante e chitarrista (QOTSA, Kyuss) e all’occorrenza batterista (Eagles Of Death Metal), coadiuvato alla batteria dal fido Dave Grohl (già QOTSA, Foo Fighters, Nirvana), e da sua maestà John Paul Jones (Led Zeppelin) al basso. Emozionati per il debutto in studio?
La prima parte dell’album fila via liscia che è una bellezza: sebbene innovazione e psichedelia siano assenti ingiustificate, la partenza è tanto fulminante quanto immediata, e si lascia ascoltare con una scorrevolezza disarmante.
L’iniziale “No One Loves Me & Neither Do I” ci ricorda che Grohl con la batteria ci sa ancora fare (e che quindi il morbo malinconico dei Foo Fighters non è contagioso), sorprendendoci con una potente e possente cavalcata che soltanto l’astuto cantato di Homme riesce a interrompere.
Si prosegue strizzando furbescamente l’occhio agli Eagles Of Death Metal (“Mind Eraser No Chaser”) e con lo schiaffo in pieno volto di “New Fang”, brano diretto e papabilissimo singolo : it’s only Rock and Roll, tutto sembra essere al posto giusto nel momento giusto (“Dead End Friends”).
Certo, nessun salto dalla sedia, ma il nostro piede senza accorgercene il tempo lo batte eccome.
Piede che verrà poi spiazzato da “Elephant”, un ciel sereno dopo un fulmine, che con un ritornello a metà tra il riflessivo e il sognante, attutisce un crescendo incalzante di chitarra e batteria. Segue “Scumbag Blues”, uno dei momenti più convincenti del lavoro,un intenso e avvolgente tappeto di riff a braccetto con un ottimo lavoro di basso e una batteria martellante. Siamo al giro di boa.
Se “Bandoliers” e la successiva “Reptiles”, seppur gradevolissime, non fanno gridare al miracolo, il disco sembra quasi cambiar pelle nella parte finale: all’improvviso i ritmi rallentano, i suoni si fanno più dilatati, l’atmosfera diventa misteriosamente ipnotica e inquietante.
L’accoppiata formata dall’epica “Warsaw Or The First Breath You Take After You Give Up” e l’accattivante “Caligulove”, (precedute da “Interlude With Ludes”) è infatti a parer di chi scrive la più ispirata del lotto:
la prima è secondo il Rolling Stone una sorta di tributo ai Doors di ben 8 minuti che degenera in un irriverente marcetta; la seconda un sensuale e irriverente inno all’amore guidato dalle tastiere di Jones e il falsetto di Homme, che ci abbandona perfidamente alla della discutibile “Gunman” e alla sorniona “Spinning in Daffodis”, degno epilogo dell’opera.
In conclusione, “Them Crooked Vultures” è la prova tangibile che Homme, per ritrovare un po’ della voglia smarrita nel comporre musica, avrebbe dovuto accantonare per un po’ il marchio QOTSA e i suoi scagnozzi.
Non sarà il disco dell’anno, ma è un ottima rock-opera ricca di spunti interessanti, suonata da musicisti grandi e vaccinati, che se meno prolissa in alcune parti, avrebbe guadagnato quattro stelle di merito sul petto. Così è un album da 3 e mezzo, arrotondato per difetto a causa dell’altissima percentuale di hype che un progetto del genere logicamente si porta dietro.
L’alunno si impegna ma potrebbe fare di più.
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