Via chat spesso conversando con amici si scoprono gruppi validi che per un motivo o per un altro spesso finiscono nel dimenticatoio. Pochi giorni fa mi fecero scoprire i The Samuel Jackson five, e devo dire che non ero preparato ad un gruppo così bello. Spesso ricevo attraverso il web molte schifezze, che vanno a finire subito nel cestino.
Dopo aver scaricato la loro discografia composta da due album, scelsi di ascoltare a caso "Easily Misunderstood". Bastarono pochissimi secondi per capire subito che si trattava di una bomba. Alla fine dell'album rimasi a fissare il vuoto creatosi attorno a me.
Non voglio esagerare ma un'album del genere non l'ascoltavo dai tempi di "Blissard" dei Motorpsycho. E non ascoltavo un album da tempo due volte nel giro di due ore.


L'album in questione è il secondo pubblicato, datato 2005, pare esser stato uno dei migliori album strumentali di quell'anno.
Iniziando con l'ascolto ho capito subito che c'era qualcosa di nuovo, cioè qualcosa d'interessante da scoprire, su tutto ciò che è stato fatto da questo gruppo. Atmosfere pacate, lievi che quasi sempre si trasformano in sonorità esplosive, che i gruppi scandinavi in primis ci hanno sempre abituato a regalarci.


Il disco si apre con sonorità vintage, che anch'esse non mancano mai a questo tipo di band, una ricerca mirata, molto floydiana. Ma già nel secondo brano ecco spuntare dei connotati simili ai Motorpsycho di "Phanerothyme". E sono arrivato a pensare: "Va a finire che in questo gruppo milita qualche componente che ha collaborato con i Motorpsycho". Dopo una breve ricerca questa mia ipotesi è stata subito annullata.
Una cosa che di per certo differisce è la totale assenza di voce, quindi potrei collocarli sin da subito tra i gruppi post-rock, ma la cosa che non mi fa essere sicuro è il brano "Person Most Likely To Enjoy The Taste Of Human Flesh", che ha delle nette somiglianze ad un altro gruppo norvegese i Jaga Jazzist. La presenza di Sax e trombe suonati in modo improvvisato jazz nel pezzo centrale, per poi tornare a ritmi più rock, ricchi della presenza in questo caso di violini e violoncelli. Quasi in tutti i brani ci sono cambi di ritmo e di genere, in "No name" ad esempio si palesa una loro vicinanza anche ai Mogwai. Questa settima traccia ha un inizio rilassato con un rhodes accompagnato da basso e batteria, per poi aprirsi in un frastuono di chitarre elettriche pesanti.


L'album è ben registrato, con una tracklist da undici brani ben equilibrati, capaci di far emozionare ascolto dopo ascolto. L'ultima traccia "Switch Ambulance Trip" è un pezzo inaspettato, di estrema bellezza. Con un intro mozzafiato di violoncello e clarinetto basso, poi accompagnato da rhodes e theremin. Il disco termina appunto e ci si chiede: già finito?
Purtroppo come tutte le cose che hanno un notevole spessore, e di cui si presta un attenzione maniacale il tempo passa più in fretta.
Questo disco è consigliato a le sole persone stufe della solita lagna.

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