Ebbene si. Un film sui Blur. Un documentario sui Blur. Un film-documentario sui Blur, sulla loro storia, colma di difficoltà, successi, delusioni, alcol, amore, odio, unioni, separazioni, droga e soprattutto musica ovviamente; la loro musica in cui credono profondamente.

Un film importante, diciamolo subito, perchè è una fotografia di un periodo che va dai primi anni '80 alla fine degli anni '00, raccontato attraverso gli occhi e le parole di Albarn, Coxon, James e Rowntree; arricchite da immagini spesso bellissime e montate in modo davvero accattivante.

Accattivante, appunto, e veloce, innovativo, mai noioso. Non è il solito documentario sfasciapalle autocelebrativo fine a se stesso; qui, di autocelebrativo, non c'è proprio nulla.

D'altronde già con lo zozzo ed avvincente documentario "Starshaped" ci avevano avvisati: "se famo un documentario o' famo strano ma con classe". E infatti.

Ci sono i primissimi concerti che si concludevano con Albarn che vomitava dietro la batteria dopo appena 4 canzoni, c'è l'assoluto anticonformismo di Coxon, vera e propria antirockstar, già alcolizzato durante il periodo post "The Great Escape" e disgustato da molti aspetti del sistema ma non perdendo per questo il suo tono dinoccolato e divertito, c'è "Beetlebum" che si scopre definitivamente essere una canzone su "un periodo della vita compromesso dall'eroina".

Ci si sofferma poi ovviamente sulle ragioni che hanno spinto Coxon ad andarsene dal gruppo nel '02 nel bel mezzo delle registrazioni di "Think Tank" e gli altri 3 a continuare senza di lui. Ci si sofferma sul racconto del, per loro, emozionante momento della decisione di tornare a suonare insieme per il piacere di suonare insieme magari per l'ultima volta.

E poi "la spazzatura", come la definisce Coxon, della sfida "blur/oasis", gli attacchi di panico di Albarn e la sua depressione che lo portò a scrivere molte delle canzoni di "13",  le scazzottate tra i 4 nei periodi più difficili del loro percorso perchè, come dice James "a volte è più facile picchiare qualcuno che dirgli di stare zitto". Oppure Coxon che, ubriaco, distrugge il pullman che li portava in tour durante il loro drammatico 1992 con Rowntree che, ridendo, si ricorda di come l'avere osservato quella scena in quel momento fosse stato fottutamente triste.

Sullo sfondo, il contesto socioculturalemusicale di un'epoca (il racconto, ripeto, parte dal 1980, perchè è in quel periodo che i 4 di Colchester si conobbero).

Il film ti tiene lì, attaccato allo schermo. E non è poco.

Un film necessario, definitivo in qualche modo perchè mostra tutto ciò che c'era da mostrare su una delle band più importanti degli ultimi 20 anni e, ripeto, senza alcuna sterile e noiosa autocelebrazione.

Una band che non ha mai perso il suo (enorme) talento, ma che non ha mai perso nemmeno la sua caratteristica, preziosa ironia e voglia di non prendersi mai troppo sul serio.

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