I tanto discussi anni Ottanta non sono stati soltanto edonismo e plastica, tv commerciali e synth pop, craxismo e darkettoni: sono stati un decennio complesso e dai mille volti.

Questo libro si incarica di riscoprire un fenomeno musicale che nella seconda metà degli Ottanta coinvolse migliaia di giovani: il neo-sixties. L’autore, Roberto Calabrò (giornalista freelance per Repubblica e L’Espresso nonché critico musicale da oltre vent’anni), usa questo termine per identificare quei musicisti che riprendevano sonorità beat, garage e psichedeliche nate negli anni Sessanta, una sorta di revival che si smarcava dalle mode estetiche del decennio noto per la new wave.

E’ da un’azzeccata intuizione che nasce l’idea di Eighties Colours: finora sono usciti decine di volumi, articoli e documentari sulla new wave in Italia, con corredo di ristampe e reunion, al contrario sembra esserci stata una vera propria rimozione di quanto accaduto negli anni 1985-90 sul versante musicale. Questa lacuna è oggi finalmente colmata dal libro di Calabrò, 224 pagine ricche di foto, un excursus attraverso le voci dei protagonisti con interviste, aneddoti, recensioni d’epoca, approfondimenti su quella che era una scena di rilievo nazionale benché sotterranea, nascosta, invisibile ai radar di tv e radio commerciali.

Quanti hanno vissuto quella stagione ritroveranno in queste pagine l’entusiasmo, l’ingenuità, la passione che portarono alla riscoperta degli anni Sessanta, considerata l’epoca d’oro per il rock e per la controcultura. Il titolo del libro nasce da un’omonima compilation, prima testimonianza sonora di quello che accadeva nella cantine e sopra i palchi, spesso sfigatissimi, dove si esibivano queste band.

Ogni capitolo è dedicato ad un’annata, ma non si tratta di una mera esposizione delle uscite in vinile o dei cambi di line-up: si ritrova piuttosto un fil rouge che ricollega tutti i progetti, per quanto diversissimi tra loro. E’ il desiderio di comunicare con pochi mezzi a disposizione, la voglia di riprendere una tradizione percepita come interrotta, quella rappresentata tanto da Pretty Things, Who, Monks quanto dai gioielli del bitt italiano come i Corvi. Essenziale fu anche il ruolo giocato dalle riviste specializzate e dalle fanzine, all’epoca il veicolo privilegiato per la diffusione delle informazioni, assieme al passaparola e agli sforzi di chi organizzava concerti, creava dal nulla una label, scriveva, scambiava dischi e demotape.

Una realtà molto diversa da quella attuale, che Eighties Colours consente di conoscere, soprattutto per chi non c’era e magari si chiede cosa voleva dire sentirsi parte di una comunità “underground” negli anni Ottanta. Adesso c’è uno strumento più, che magari aprirà un dibattito, porterà a delle reunion, accenderà l’interesse di nuovi appassionati. E’ una storia che si ripete, cambiano i colori e le forme ma la passione non si spegnerà mai.

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