Aprite bene le orecchie, alzate al massimo il volume dei vostri i-pod di ultima generazione e siate pronti ad accogliere fiumi di distorsioni che, come frustate, lacereranno i vostri timpani.

Ebbene sì, i canadesi Metz, al loro omonimo disco d'esordio prodotto dalla Sub Pop, storica casa discografica di Seattle, confezionano un album che, tra echi Pixiesiani, distorsioni à la Sonic Youth e ondate alla Jesus Lizard, ti si stampa in faccia come un diretto di Mike Tyson lasciandoti lungo per tutta la durata del disco.

Già la traccia d'apertura ("Headache") fa capire subito che aria tira. Drumming incalzante, riff al fulmicotone e le urla sfacciatamente new-wave di Alex Edkins che ti entrano direttamente nel cervello e creano un alone di disperazione.

Ma che questi baldi giovani canadesi la sappiano lunga è abbastanza chiaro già dopo pochi minuti.

Le successive 4 tracce suonano dirette e decise stordendo l'ascoltatore come sanno fare i rocker d'altri tempi, quelli cresciuti a pane e Stooges in garage polverosi di periferia. Istinto distruttivo (o autodistruttivo), è questo il concetto.

La ferocissima "Get off", la traccia più bella del disco per chi scrive, ci sputa addosso tutta la verve punk-rock di questogruppo nato e formatosi, a suon di live, a Toronto. E' un concentrato di urla, echi, distorsioni e rumori, tutto alla velocità della luce e con il batterista HaydenMenzies che qui fa la parte del leone.

Quello che stupisce dei Metz però non è l'abilità più o meno elevata di uno o di un altro componente del gruppo ma anzi, è proprio lacoesione tra i tre ragazzi canadesi, che in ogni traccia riescono a tirarefuori tanta sostanza.

I Metz non sono solo rumore, in ogni brano, sotto la dissonanza, linee melodiche bencurate sono costantemente in agguato ed il prepotente trittico "Sad Pricks", "Rats","Knife In The Water" è un esempio del lavoro certosino dei ragazzi canadesi.

"Sad Pricks", con la sua chitarra tagliente, nonavrebbe sfigurato in Bad Moon Rising dei Sonic Youth e le successive due traccemettono il piede sull'acceleratore qualora ce ne fosse stato bisogno.

Soprattutto, in "Knife in the Water", oltre che la rabbia si percepisce un latente senso diinquietudine ben trasmesso dalla brutalità della batteria.

A suon di schitarrate e ritmi indiavolati si arrivadunque all'unico pit-stop del disco: l'ipnotica "Nausea" .

Pur non perdendo lo spirito grunge che caratterizzatutto l'album, la traccia 6 permette all'ascoltatore di rifiatare (per unminuto!!!) adagiandosi su un ritmo di batteria zoppicante che, sotto un tappeto di rumori distorti, permette un rallentamento dei battiti del cuore. Ma è solo un illusione.

Come già intuito, i Metz non amano le mezze misure, ecco perché si riparte subito con un'altra perla del disco: "Wet Blanket". Canzone dal ritmo incalzante e prepotente che sfrutta la voce sfacciatadi Edkins che si confonde (a volte si fonde!!!) in mezzo a chitarre distorte, riverberi e rumori seguendo il tempo dettato dalla linea di basso di ChrisSlorach, qui davvero sugli scudi.

Proprio da qui si riparte con più ferocia di prima esi viaggia sulle note di "Wasted" e poi di "The Mule" per poi concludere il tutto con la velvetundergroundiana "Negative Space" e la ghost track (?) "-))-".

Insomma, un disco caratterizzato da tanta sostanza e tanta qualità, in cui i canadesi hanno dimostrato di sapere trasferire in studio il furore già mostrato nelle performance live sui palchi di Toronto.

Da questo punto di vista, la scelta, in fase di produzione,di creare un effetto garage attraverso un suono claustrofobico e cupo ha ben pagato.

I Metz, senza inventare nulla di nuovo (è beneprecisarlo), hanno saputo riprendere gli insegnamenti di predecessori più illustri, dai Sonic Youth e i Melvins fino all'irruenza del grunge di Seattle, condendo il tutto con un animo punk che vibra soprattutto nelle corde vocali del cantante Alex Edkins.

Il risultato è sorprendente perché non si tratta di un disco noioso né tantomeno stantio. Anzi, ciò che stupisce è proprio la capacità del gruppo di sfornare un album fresco, intenso, carico di energia replicando, in sostanza, le lezioni dei maestri del passato e senza per questo poter essere tacciati di "cut and paste".

In conclusione, il disco dei Metz è un ottimo disco d'esordio, che testimonia la stoffa dei tre ragazzi di Toronto che, c'è da scommetterci, faranno parlare di sè molto presto.

 

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