All'indomani dei successi di "4/3/1943" e "Piazza Grande", Lucio Dalla decide di fare il salto di qualità iniziando un'interessante collaborazione con una delle storiche firme della rivista letteraria "L'Officina", il poeta e narratore Roberto Roversi, col quale darà alle stampe tre prodotti discografici in serie: il caleidoscopico "Il Giorno Aveva Cinque Teste" (1973), l'acceso "Anidride Solforosa" (1975) e l'ambizioso "Automobili" (1976); i tre album non riscontreranno un particolare successo di vendite, ma porranno Dalla al centro dell' attenzione di pubblico e critica, interrando le fondamenta dell' imminente boom del cantautore bolognese.

1973. "Il Giorno Aveva Cinque Teste". L' esordio del curioso connubio Dalla-Roversi coincide con un prodotto discografico non del tutto scorrevole e accessibile. Perlopiù criptico e pieno sino all' eccesso di anacoluti ed ellissi, "Il Giorno" è un disco che nella sua disomogeneità si presenta ricco di tematiche, di livelli lessicali, di interpretazioni; le dieci tracce componenti l'album sfuggono vicendevolmente senza voler trovare un punto di contatto, tra storie di emarginazione sociale, denuncia dell' impoverimento culturale e favole allegoriche, con la sola costante dell' aperta presa di posizione in difesa dei diritti dell'individuo.

L' emarginazione dell'individuo, che sia il padre di famiglia meridionale de L'Auto Targata TO, che sia l'operaio commilitone de L'Operaio Gerolamo è conseguenza ineluttabile di quel vecchio annoso problema che è l'alienazione meccanica e industriale, quell'angoscioso evento che nell'incedere del mezzo pubblico di locomozione (Alla Fermata Del Tram) segna alternarsi di moti e stagioni senza partecipazione alcuna da parte dei soggetti fisici.
Nel turbinio di motori e di trivelle non è poi un peccato che l'automobile si guasti (Grippaggio), cosicchè la necessità, slegata da agi artefatti, può riportare l'uomo a rivivere l'antico concetto dell'empatia con la natura, ove tutto è ordine e quiete, ove vive lo spirito della "bambina" dell'omonima canzone, ove racconta la sua "canzone" Orlando, nell'ultima traccia dell'album. La natura come zona franca, ma allo stesso tempo come luogo minacciato, baluardo precario violato dal "fucile di guerra" impugnato dal misterioso cadavere di È lì, realtà di confine temporale e non più spaziale, perché continuamente soppiantata da mostri industriali e bellici.
È un disco cupo, pessimistico, lievemente sollevato da quegli sprazzi di luce che provengono dalle divagazioni fiabesche come Il Coyote, dai momenti di folgorazione di Grippaggio, dalle valutazioni a mente fredda su un presente non tanto bieco come lo si vuole dipingere (Passato, Presente).

A questo punto Lucio, comunque ligio ed efficace nelle sue interpretazioni musicali (su tutte la divagazione de La Bambina) farà i conti con se stesso, prima che col pubblico, e in ossequio alla volontà di far suo un messaggio musicale che deve essere all'uopo più immediato e preciso, chiede a Roversi di non esprimersi più per enigmi.
Si adeguerà il poeta bolognese? "Anidride Solforosa" è alle porte...

(continua...)

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