1976. "Automobili". All'indomani di "Anidride Solforosa" Lucio Dalla e Roberto Roversi decidono di intraprendere un ambizioso progetto discografico e teatrale imperniato sulla realtà dell'automobile; il duo bolognese lavora assiduamente alla stesura di un prodotto che, ben accolto nei teatri d'Italia da critica e pubblico, deve fare i conti con gli stucchevoli principi della censura contemporanea, subendo l'intervento cautelativo della Rca che ne stralcia la struttura con l'eliminazione integrale di due brani, Automobili, appunto, e Il Futuro dell'Automobile, ritenuti troppo politicizzati. Dalla è a malapena costretto a piegarsi alle leggi discografiche, mentre il sanguigno Roversi grida allo scandalo, e in tutta risposta ritira la sua firma dall'album ormai stralciato, presentandosi sotto lo pseudonimo di "Norisso".

"Automobili" è, nonostante tutto, un piccolo capolavoro. Il più fresco e immediato dei due artisti bolognesi, si evidenzia non solo per i contenuti animosi di Roversi, ma anche per le felici intuizioni musicali di Lucio, per il riff scatenato di Nuvolari, le variazioni su tema di Mille Miglia, la glaciale espressione musicale de Il Motore Del 2000. È un disco illuminato, chiaramente ripartito tra passato, presente e futuro, imperniato sulla condizione di precariato dell'uomo moderno espressa attraverso il mezzo di locomozione per eccellenza, quell'automobile che dopo avere visto trionfatore il pilota delle "Mille Miglia", sta adesso lentamente risucchiando l'individuo nel vortice del progresso industriale, non lasciandogli via di riscatto e di compartecipazione.

Il passato.
Il mito di Nuvolari, delle splendide e lunghe Mille Miglia che tenevano gli italiani con il "cuore divorato" mentre i campioni nazionali, all'indomani della devastazione della Grande Guerra, correvano da Verona a Brescia, da Bologna a Terni con scrupolo e coraggio. Tazio Nuvolari, il leggendario campione delle corse automobilistiche datate 1930-1948, è l' emblema dell'individuo coraggioso che vive ancora nella civiltà dell'aretè, del valore, l'immagine dell'uomo comune che domina l'automobile attraverso di essa e per il cui trionfo il nome della scuderia o del motore dell'autovettura non conta: conta il nome della fatica, della passione, delle migliaia di chilometri percorse, conta il nome di Tazio Nuvolari. Il campione deve però già iniziare ad assoggettarsi alle bizze dell'insicuro progresso tecnologico rischiandone i pericoli con tutte le dovute conseguenze, anche mortali: durante una corsa a Verona martoriata da "acqua, grandine e vento", Nuvolari sbanda rischiando l'osso del collo; rinascerà come "rinasce il ramarro", battendo i Varzi, i Campari, i Fagioli, gli Ascari: il trionfo.

Il presente.
L' automobile non più elemento di riscatto ma di assoggettamento, di spersonalizzazione. Nell'apocalittico ingorgo dell'omonima canzone non distinguiamo più i grandi nomi delle corse automobilistiche, ma semplicemente individui funzionali come ingegneri, suore, soldati, uomini e donne indistinti. Compare invece adesso l'attenzione nei confronti del marchio, del nome della vettura: se prima il riferimento all'"Alfa rossa" di Nuvolari appariva più che marginale nel contesto del dicorso, adesso ecco sfilare con puntiglio i nomi di VolksWagen, Peugeot, Simca, contenitori mostruosi di individui apolidi proni al demonio del traffico che la civiltà dell'automobile ha creato. Così, nel subbuglio più malfermo ecco comparire L'Intervista Con L'Avvocato, l' interrogazione sull' imminente futuro dell'automobile, dell'uomo e dell'ambiente attraverso la discussione sulle fonderie di Cresentino e le fabbriche di Volvera. Inutile a dirsi, non c'è risposta dell'Avvocato, anzi, Dalla con impeccabile istrionismo mette in bocca ad Agnelli un presunto dialetto inglese che non è altro che un incomprensibile canto in scat.

Il futuro.
"Il Motore del 2000 sarà bello e lucente / sarà veloce e silenzioso / sarà un motore delicato / avrà lo scarico calibrato e un odore che non inquina / lo potrà respirare un bambino o una bambina". Grandi prospettive. Ma nell'ottimismo imperante ecco sopraggiungere il problema della definizione del prossimo esito dell'uomo: "Noi sappiamo tutto del motore / questo lucente motore del futuro / ma non riusciamo a disegnare il cuore / di quel giovane uomo del futuro": che ne sarà degli eroi delle corse automobilistiche del passato, che ne sarà soprattutto delle tapine larve dentro le VolksWagen, le Peugeot, le Simca. Che ne sarà? Tutto sembra preludere ad un esito negativo, anche se non ben definito, all'ormai irrestabile processo di alienazione dell'individuo dall'elemento tecnologico, al sopravvento del mostro meccanico sull'aretè umano: le automobili oggetto e soggetto centrale del discorso. Nel pessimismo imperante ecco apparire l'unico vero e proprio spiraglio di redenzione che non è né emancipazione né risoluzione: i Due Ragazzi seduti su un auto rottamata, amanti calati nel contesto dei piccoli drammi del rapporto di coppia, scelgono di ritornare al recupero della propria personalità attraverso la ricerca dell'"altro"; superando l'ostacolo costituito dall'imperio vanaglorioso dell'immagine automobilistica eleggono come nicchia della loro intimità una macchina in demolizione, fiero sberleffo alla civiltà dell'autovettura, di cui somma considerazione è l'utilizzo dei posti a sedere.

Alla fine della presentazione del lavoro Dalla e Roversi decideranno di cessare amichevolmente la collaborazione in seguito alla citata divergenza di accettazione delle norme di censura discografica; resterà l' amaro in bocca per un po' di tempo: il Lucio Dalla beat autore di colti lavori di riflessione sul sociale non tornerà più, e lascerà nella vetrina dei cultori del genere questi soli tre preziosi lavori, segno inequivocabile di una classe che non scomparirà nel tempo.

(Fine)

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