Dopo aver visto il concerto degli Arab Strap del 18 Febbraio all'Estragon di Bologna posso affermare una cosa: gli Arab Strap sono una delle poche certezze sui cui possiamo contare nella vita. Sono amici fedeli, che ti aiutano nei momenti difficili, ma che sanno aiutarti anche nei momenti belli a stare coi piedi per terra e a non illuderti troppo montandoti la testa. Non ti abbandonano mai e sono schietti, sinceri e concreti. Finchè ci sarà un gruppo come loro potremo avere sempre una speranza...
In un Estragon colmo di persone accorse per il duo scozzese, ho visto uno dei concerti più intensi, passionali, veri che mi sia mai capitato di assistere. Perso (non troppo colpevolmente, per quanto mi è sembrato di capire...) quasi tutto il set del gruppo spalla, dopo un'attesa che mi è sembrata interminabile sono saliti sul palco Aidan Moffat e Malcom Middleton, accompagnati da un batterista, un secondo chitarrista/tastierista e un bassista (che per la cronaca aveva una curiosissima somiglianza con Francesco Oppini, il figlio di Alba Parietti... scusate questa pessima nota trash ma non ho resistito!).
Rispetto alle altre volte, l'irsuto Moffat è apparso sobrio e meno incline al cazzeggio, a dimostrazione della sua ritrovata serenità, mentre la bravura, il talento e la classe di Middleton sono inversamente proporzionali alla quantità di capelli rimastagli in testa: mai eccessivo, con i suoi arpeggi tesse trame di un'intensità commovente, su cui Aidan declama con il caratteristico accento scozzese le sue storie di ordinaria follia (non casuale questo riferimento, visto che ho sempre pensato che gli Straps sapebbero piaciuti parecchio a Charles Bukowski se avesse avuto la possibilità di ascoltarli...).
Il set era improntato quasi completamente sul nuovo e stupendo "The Last Romance", proposto quasi interamente, ma hanno avuto spazio anche estratti dagli altri loro dischi. Mai il gruppo ha suonato così potente, scarno ed essenziale, i pezzi erano più tirati e depurati da tutti gli orpelli decorativi: abbandonati gli archi che li accompagnavano nel tour del precedente disco e le drum machine analogiche Roland, si servono solamente di voce, chitarra, basso, batteria e (occasionalmente) tastiere, per creare un sound unico e veramente coinvolgente, che in alcuni tratti è parso quasi essere un muro.
Nella prima parte di concerto, magistrale, 11 pezzi praticamente senza respiro, senza pausa tra l'uno e l'altro, col gruppo in uno stato di forma smagliante. I momenti più suggestivi sono stati quando hanno eseguito "Fucking Little Bastards" (da "Monday At The Hugh & Pint"), "Don't Ask Me To Dance", che sembrava scagliarsi contro il pubblico tanto era potente, la cinematografica "Dream Sequence", la superba "Afterwards" da "Philophobia", incredibilmente suggestiva anche priva della seconda voce femminile, e la chiusura "Infrared" (da "The Red Thread"), che senza drum machine mi è parsa meno introspettiva ma altrettanto splendida rispetto alla versione su disco.
Dopo una breve uscita con quasi immediato rientro, gli Arab Strap sono parsi più rilassati ed aperti, quasi fossero stati gratificati dall'essere stati richiamati a gran voce e volessero ricompensarci per questo. Hanno eseguito versioni acustiche per chitarra e voce di "Come Round And Love Me" e "Piglet", Aidan Moffat si è seduto alla tastiera per "Screaming The Trees", ci hanno regalato quella magnifica gemma che risponde al nome di "Speed Date" e la gioiosa e travolgente "There Is No Ending". Infine concludono con la cover che non ti aspetti: credo di aver riconosciuto (ma qualcuno mi smentisca se sbaglio...) "I'll Stand By You" dei Pretenders, pezzo del 1994 che la premiata ditta Moffat & Middleton ha fatto proprio trasformandolo in un commovente inno per cuori infranti, esemplificativo della loro grandissima abilità nel trattare la materia pop, plasmandola fino a darle un altissimo impatto emotivo.
All'Estragon, anche grazie all'ottima acustica del locale, gli scozzesi hanno regalato un concerto di livello eccelso, hanno fatto divertire e hanno fatto commuovere, hanno dato tutto ciò che potevano dare e anche di più. Sono veri e veraci, sono vicini a noi. Monumentali.
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