Missione impossibile.

O forse solo apparentemente tale. Sì, perché i fans di Paolo Conte, tra cui ovviamente, e sfegatatamente, chi scrive, sono abbastanza talebani e di solito non amano le cover del proprio Maestro. I fans degli Avion Travel, con tutto rispetto, sono un po’ pochini e certamente “di nicchia” (nel bene e nel male), malgrado un Sanremo vinto sull’onda della potenza della Sugar. Mentre l’operazione “Danson Metropoli”, in sé, è coraggiosa se non persino sconsiderata. Ma siamo qui per parlare del risultato, e non di analisi astratte e sofistiche.

Il disco, ascoltato più volte e con crescenti attenzione e curiosità, propone alcune cose davvero bellissime, alcune non particolarmente remarcabili ed una, ovviamente per il sottoscritto, decisamente fallace. L’atmosfera dell’album è divertente e, in generale, buona. I ragazzi sono dei secchionazzi, ma qui non lo fanno pesare troppo e paiono divertirsi davvero, soprattutto a manipolare e riarrangiare le partiture contiane con un misto di rispetto, rigore, sperimentazione e tanta, davvero tanta, libidine. Dicevo che alcune cose sono davvero egregie. Innanzitutto trovo bellissimo ciò che han fatto di “Cosa Sai Di Me”, brano splendido che l’avvocato -chissà perché…- aveva ultimamente la tendenza di buttare in cha cha cha… Ora invece diventa lento e cadenzato, con quelle ripetizioni che apparentemente non “s’involano” mai ma che alla fine costruiscono il vero fascino di una canzone. Poi trovo eccezionale l’accostamento impossibile tra gli Avion, lo stesso Autore e nientepopodimeno che Gianna Nannini nella splendida “Elisir”, brano che, se non mi sbaglio, era ancora vergine di coverizzazione. Qui la Nannini, che trovo tanto una gigantesca promessa dei ’70 e dei primissimi ’80 quanto l’insopportabile delusione neo-melodica attuale, è incredibilmente a suo agio nel rendere semplicemente bello e lirico, nel senso migliore, il ritornello del brano. L’accostamento Conte/Nannini è proprio il simbolo del coraggio e della sostanziale riuscita dell’opera.

Poi trovo si siano realizzate fatte cose egregie su “Max” e su “Blue Haways”, oltreché sulla conclusiva “Languida”, sempre soprattutto a livello di arrangiamenti ed orchestrazioni. In “Spassiunatamente” si gioca in casa, essendo uno dei brani contiani scritti –in palese omaggio a una Musica, una Città, una Cultura…- con la “lingua” partenopea. Se fossi stato io il produttore dell’opera, avrei imposto l’interpretazione di tutti i brani “napoletani” di Conte. L’indedita “Il Giudizio Di Paride” è brano molto bello, che fa crescere la curiosità del sentirne la versione originale –che magari prima o poi verrà…-, essendo l’unico privo di raffronti. Le perplessità giungono invece proprio dai due brani che la Piccola Orchestra giudica “di punta”. “Danson Metropoli” è quasi uguale all’originale, con una buona dose di ironia contiana in meno (e questo era una limite oltre che invalicabile anche facilmente immaginabile con un po’ di modestia), impreziosita però dallo stesso Conte che “verseggia” qua e là, un po’ come nell’originale. Un po’ troppo. Anche le parole cambiate, come “incazzatura” al posto di “idiosincràsia”, oltre a poche altre, sono semplicemente meno belle delle originali, per quanto evidentemente dalle stesso Conte approvate.

Vera nota dolente, però, è l’inspiegabile primo singolo: “Sijmadicandhapajiee”, brano ultracontiano, ultrastigiano, ultrautoctono, che non ha nessun senso tra le mani degli Avion Travel, e non solo per motivi dialettali. Innanzitutto perché anche qui va a scomparire l’autoironia disincantata e superiore dell’autore (…son cose che o ce le hai o non ce le hai…), poi va anche a scomparire quella scanzonata “quasi samba” per diventare una samba a tutto tondo, molto men che jobiniana, banalizzata e banalizzante, con improbabili coretti carioca. Insomma, la pecora nera del disco, un errore fatale e gravissimo tipico del complesso di superiorità che alberga dentro ad ogni secchione, che non vede l’errore anche quando è evidentissimo anche per l’ultimo degli asini. Il risultato è quello di un Ranieri che cantasse “La Città Vecchia” di De André accompagnato da Casadei (forse ho esagerato…ma capiamoci…). Peccato. Per il resto la lode al coraggio degli Avion Travel e anche all’impegno di quel pigrosauro di Conte, convinto a produrre l’opera, dare copertina e persino un inedito, oltre ad una “fetta” di voce.

Rimarrà nella storia ? Chissà…: in quella degli album di cover, universo parallelo che meriterebbe più d’un trattato d’approfondimento, probabilmente sì. Quel che ci potrebbe entusiasmare sarebbe un disco di inediti Contiani cantati da Lui e suonati da Loro, anziché dai secchionazzi senz’anima con cui l’Avvocato gira negli ultimi anni. Gli Avion secchionazzi sono sì, ma almeno di anima ne hanno da vendere.

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