Agli Avion Travel non manca di certo il coraggio. Reinterpretare in undici atti il mondo di Paolo Conte è impresa quantomeno azzardata.
Diciamo subito che se la missione era quella di resuscitare gemme cosiddette minori della sua vasta discografia allora l'operazione può dirsi perfettamente riuscita.

Le nuove versioni splendono di luce propria. Ascolto dopo ascolto si viaggia in direzioni spesso diverse dalle originali.
Con l'avvocato regna l'instabile e si fugge su e giù per il Novecento. Si evoca l'esotico, si creano miraggi fatti d'atmosfere a volte nervose a volte sognanti.
Con gli Avion Travel si entra a spintoni nell'attualità di una metropoli dall'anima partenopea. Si plana sui caldi lidi mediterranei sospinti dai sublimi accordi di chitarre e tastiere. La rotta è sicura, i ritmi si dilatano e i respiri rallentano come in un poetico spettacolo teatrale. Gli arrangiamenti assumono forme profonde e più assimilabili alla tradizione melodica italiana.
Mirabile lo sforzo di Peppe Servillo nell'inseguire dapprima le orme vocali di Conte per mutuarle con le proprie in un ibrido dai limpidi toni azzurri e romantici rossi.

Insomma gli Avion Travel pedalano, sudano, prendono fiato, s'inventano varianti memorabili e giungono alla vetta con un'opera da ascoltare e amare senza riserve.
Giova ricordare che i meriti vanno suddivisi con l'avvocato presente in veste di direttore artistico, con il suo produttore di fiducia Renzo Fantini e il suo percussionista Daniele Di Gregorio responsabile delle orchestrazioni.
Forse l'unico difetto che si può facilmente perdonare è quello dell'eccessivo perfezionismo causa di una gestazione del disco lungamente pensata e fortemente voluta.
Lascio al lettore la scoperta e il commento dei singoli brani di cui almeno due ("Aguaplano" e "Languida") superano in bellezza le versioni originali.

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