Correva l’anno 1980 e noi stavamo tutti tranquilli a crogiolarci al sole sulla “velvet beach” di Senigallia, quando Giovanni arrivò in spiaggia trafelato ed eccitato gridando: “ho i quattro biglietti per Bob a San Siro! …Ho quattro biglietti per Bob Marley a San Siro, e vaiiii!!!!”

Passarono stanchi i giorni finchè arrivò, preceduata da una alcolica eccitata notte di attesa, la mattina del 27 giugno: SI PARTE!
Ore 8.00: io e Andrea ci trovaimo davanti alla Rotonda al lungomare, attendiamo quel solito ritardatario di Giovanni, che -miracolo!- arriva con soli 10 minuti di ritardo con il suo scassatissimo Dyane azzurro, con sul cofano l’adesivo degli Angeli della Baia e del Cosmic e sulla finacata la sky-line della Grande Mela; con lui la sua ragazza di allora, Gabriella. Appello generale: noi ci siamo, le birre, i biglietti, i plaid, le M.arlboro S.tudenti morbide anche e tutto il restante corredo per le “paie artigianali” è ben occultatato dentro il pomello del cambio, cosa manca? Questa volta niente, c’è addirittura la benzina e la colletta per l’autostrada è stata fatta già da tempo… 8.30 si oltrepassa il casello, direzione Milano.

La Dyane sprigiona tutta la potenza dei suoi 6cv che sembra una biga romana, lanciata alla folle velocità di 110 km/h sull’A14!
Ore 15.30: si entra alla Scala del calcio, per la prima volta prestata ad altri nobili usi.
Attesa snervate, assolata e con un sacco di gente, non li ho contati ma sembra che fossimo in 100.000 quella sera a fumar canne (dovranno rizollare tutto il prato dopo, in mancanza di erba anche quella pedatoria di Collovati e Altobelli andava bene come allucinogeno).
Ad interrompere l’attesa l’esibizione di un certo Daniele Pino da Napoli.

Ore 21.00: cala il sole, anche se dentro il “Meazza” ,viste le alte gradinate, era già calato da un pezzo, e da un palco semplice ma svavillante di luci e colori, quelli che oggi verrebbero confusi con quelli della bandiera della pace, appare il nostro messia che al grido di “RASTAFARAI!” inizia le “Positive Vibration”, lente, incalzanti e con un ritmo che porta tutti a cantare in coro “Rastaman Vibration YEAH! Positive.”
Dopo la prima canzone un urlo liberatorio si levò dal prato, erano cominciate le due ore più emozionanti della mia vita, almeno fino alla vittoria al “Bernabeu” di due anni dopo.
Poi“Punky reggae party” al grido di “JUEHI… JEHEEEI! JUEHI… JUEHEEEI!!! fino all’ “Exodus, movement of JAH people”.
“Stir it up”, “Rat Race”, “Concrete Jungle” e “Kinky Reggae” corrono via veloci tra uno stadio che balla ed un Bob che sul palco saltella sulle voci delle “I Threes”, sue splendide co(lo)riste.
Musica, colori e gente felice in “Live up yourself” dove il ritmo sincopato ti prende tanto quanto l’erba  che cresce sul prato, centomila in visibilio per l’unica volta italiana del messia del reggae, che enuncia il suo verbo in “Rebel music” e “War/No more trouble”, le ascolti nel 2004 e come nel 1980 mai perdono il loro fascino, la freschezza, la loro forte comunicativa e sono latrici di un messaggio da sempre attuale.
Pausa, bisogna riossigenare prima della volata finale.
Cori, ovazioni e al richaiamo dei suoi 100.000 Bob & Wailers ricompaiono sul palco per una esplosione di gioia che ha pochi pari nella storia della musica, la sensazione è quella classica dei concerti migliori da “ora viene giù lo stadio” quando la chitarra di Marley attacca i primi accordi di “It is love”, ormai si è una tribù che balla (cit), e qualcuno, prendendo a pretesto la canzone, amoreggia sul prato come i nostri amici Giovanni e Gabriella. Passa un’altra canzone e poi l’apoteosi di Bob, dei Wailers, mia, dei miei tre compagni e di tutti gli altri 99.996 di San Siro: “Jamming”, per me la quintessenza del reggae, viene vissuta come una esperienza d’amore collettivo tra Bob Marley ed il suo pubblico.

Poi, come avrebbe detto qualche altro cantautore, luci su San Siro e piano piano ti accorgi che sono passate due ore di cui la storia della musica in Italia avrà per sempre memoria.
Siamo letteralmente devastati dalla famosa sindrome post-concertistica delle 3F, fatti, finiti e felici e in qualche modo riusciamo a raggiungere la nostra Dyane alla quale chiederemo un ultimo sforzo nella notte.
Il ritorno è fatto di stordimenti, amoreggiamenti sul sedile posteriore e ricordini del prato del Meazza che oggi vede ben altri (tristissimi) protagonisti come Recoba e Pirlo.

Il giorno dopo è la sveglia a ricordarmi che sono non al mare ma a Verona e che i sogni durano giusto il tempo di una recensione e che questo è il concerto che, purtroppo troppo piccolo, non ho vissuto ma in compenso sognato tante volte. Se mai avessi potuto parteciparvi, credo l’avrei vissuto così, come questo bellissimo doppio disco dal vivo registrato nella tournee europea di due anni prima.

NO MORE TROUBLE IN THE WORLD (Bob Marley)

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