Occorre fare uno sforzo notevole per entrare appieno nel lavoro d’esordio dell’artista napoletano (di origine gallese). “Aria” è un lavoro che suonava fuori dal tempo già nell’anno in cui fu realizzato e che per essere ascoltato, oggi (se i dischi li sentite, lasciate perdere), richiede una buona dote di fantasia, delle orecchie ben allenate e un grosso esercizio di immaginazione. Insomma, dovete lasciarvi trasportare…

Il lato A del vinile è interamente occupato dalla suite di quasi venti minuti che dà il titolo all’opera, dove Sorrenti costruisce e sviluppa un viaggio attraverso sezioni differenti, legate tra loro in maniera sublime, dove la musica da rarefatta diventa liquida e poi fluida, per poi inacidirsi ed indurirsi fino alla dolorosa rassegnazione dei secondi finali  a sottolineare il percorso di smaterializzazione, fusione, sublimazione e violento distacco con l’elemento naturale in cui il nostro si trova a vivere un’avventura fantastica e raramente descritta in maniera così delicata, poetica ma allo stesso tempo vigorosa e reale. La voce di Sorrenti entra ed esce dalle costruzioni melodiche ed armoniche del brano come (e meglio di) uno strumento, regalandoci anche esercizi di stile ferocemente sperimentale… con poderosi vocalizzi e sorprendenti vibrati. Onirici dialoghi con i sintetizzatori, risentiti battibecchi con il meraviglioso violino di Jean Luc Ponty ed un innocente gioco a tre con le chitarre acustiche segnano i momenti più alti della composizione, che sublima nel crescente finale dettato dalle ossessive ritmiche tribali di Tony Esposito e segnato dalla disperata volontà di non staccarsi dall’amante perfetta appena trovata. Il lato B è aperto da “Vorrei Incontrarti”, soffice ballata per voce e chitarre acustiche, un brano dove Sorrenti sembra voler dilatare i canoni artistici della canzone “pop”, dandole una visione più sperimentale e di ricerca… esperimento che viene dilatato ed “esasperato” nella più acida “La Mia Mente” dove il mellotron di Albert Prince regala un’anima più decadente al lavoro; mentre le incursioni della tromba di André Lajdli sottolineano il carattere più intimo della conclusiva “Un Fiume Tranquillo” adagiata sulle onde create da testiere e sintetizzatori.

In molti hanno accostato questo esordio di Alan Sorrenti ai lavori più sperimentali di Tim Buckley o alle complesse armonie sviluppate dai Van Der Graaf Generator e certamente “Aria” è coevo ai lavori più raffinati del prog italiano, pur essendone ad anni luce di distanza… ma io credo che questo sia uno di quei dischi che esulano completamente dalle etichette o dal tempo in cui sono stati concepiti.

“Aria” è certamente uno dei punti più alti, toccati dall’Arte cantautorale italiana. Di sempre. 

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