Fondamentalmente, mi chiedo due cose: come poteva un gruppo come i Can essere così geniale e suonare così in anticipo sui tempi? E come mai un disco favoloso come "Soon Over Babaluma" non è nemmeno degnato di una recensione su questo sito? Alla prima domanda sinceramente non saprei rispondere (potrei azzardare che i Can in realtà erano delle creature marziane mandate dal futuro per indicare ai posteri quelle che sarebbero state nuove vie musicali...), mentre per rispondere alla seconda potrei dire che dopo tre favolosi dischi come "Tago Mago", "Ege Bamyasi" e "Future Days" tutto il resto sembrerebbe superfluo, vista la mole di spunti ed idee geniali che queste tre Opere d'Arte ci hanno lasciato. Ma i Can sono stati anche altro, ed un disco come "Soon Over Babaluma" ne è la prova.

Innanzitutto, questo è il disco che segue l'abbandono del gruppo del folle vocalist Damo Suzuki, e i Can si rimettono in gioco intraprendendo strade fortemente diverse rispetto al passato. Alla voce si alternano Holger Czukay e Michael Karoli, ma le parti vocali sono messe in secondo piano rispetto al passato e rappresentano quasi solo un ornamento, mentre prevale l'aspetto della sperimentazione ritmica, con il batterista Jaki Liebezeit che mette in primo piano la propria passione per ritmiche "altre", notevolmente diverse da ciò che ci ha fatto ascoltare in passato.

Un pezzo come "Chain Reaction" è esemplare: sono undici minuti di pura trance, selvaggi e tribali, con un groove animalesco in cui nulla sembra fuori posto che si trasforma ad intervalli regolari in qualcosa di gassoso, quasi dub, per poi riprendere con ancor maggiore determinazione il proprio assalto frontale, senza lasciar scampo. Veramente straniante anche la seconda traccia del disco, "Come Sta, La Luna", una sorta di tango lunare con un bizzarro cantato in un italiano maccheronico e aperture dub rese veramente inquietanti dal violino di Michael Karoli, che sembra provenire da un altra dimensione. Ma tutto il disco si respira un'aria scura e minacciosa e vi sono spunti notevoli, come in "Splash" dove una ritmica brasilianeggiante accostata al superbo lavoro di Karoli ci mostra che il Brasile non è solo sole e spiagge ma anche inquietudine e paranoia.

Grandissimo disco, vivamente consigliato un attento ascolto a chi lo sottovaluta... in ogni caso forse non sarebbe da 5 pieno, ma considerando che senza alcune delle innovazioni e intuizioni da esso proposte album come "Second Edition" dei Public Image Ltd. non sarebbero mai nati (o sarebbero stati diversi...), si prende un bel 5.

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