Conclusa ormai la collaborazione con Mogol, Battisti si cimenta in uno studio di ricerca musicale per ridefinire le sue nuove "vedute", dando alle stampe nel 1982 l'infelice "E Già", opera scritta a quattro mani con la moglie Grazia Letizia Veronesi (i maligni, nemmeno troppo maligni, dicono che le mani furono due, le sole di Lucio), ove la povertà lessicale e in parte strumentale si esplica in un disco frammentario e irriducibilmente new-age; critica e pubblico, di comune accordo, non accolgono di buon grado il nuovo lavoro battistiano, tanto distante dalle opere del periodo mogoliano: in "E Già" Battisti non viene riconosciuto più.

Nella presunta aporia di mezzi e idee, animato da grandi intenzioni, Lucio incontra alcuni mesi dopo un curioso personaggio della noblesse letteraria romana, un certo Pasquale Panella, "poeta maledetto" schivo e geloso del proprio lavoro quanto Battisti: alcuni lavori di Panella piacciono al cantautore, che incuriosito, vuole tentare la via della sperimentazione attraverso l'uso complesso della parola. Sotto felici auspici esce così, a 4 anni di distanza dall' ultimo lp, il primo lavoro firmato da Battisti e Panella, prima opera di un connubio che darà alla luce altri quattro lavori: il viscido e penetrante "Don Giovanni". La copertina del cd si presenta in veste fredda e anonima, troppo glaciale per potere incoraggiare i fan abituali dell' artista di Poggio Bustone: dietro, i curiosi testi del disco, che Panella ha confezionato per Battisti prima che quest'ultimo mettesse mano al lavoro. E' questa una delle interessanti innovazioni dei lavori battistiani: non più le ispirazioni di Mogol quando quest'ultimo ascoltava le musiche create da Lucio, bensì la completa sottomissione del cantante al paroliere, con l'adattamento di Battisti ai voli pindarici di Panella.

L'esordio non promette male: "Le Cose Che Pensano" è una canzone ruffiana, avvolgente al punto da farci credere che parli di qualcosa di incantevole, tanto struggente da far pensare che Lucio non abbia poi rotto del tutto col suo passato musicale; sembra "Le Cose Che Pensano" un pezzo incantevole, ma a ben vedere e sentire parla di teste che rotolano, di sangue, di tutto ciò che pare amore senza esserlo. E' questa la nuova poetica di Battisti, il completo rifiuto di parlare del pettegolezzo amoroso mogoliano in favore di una ridicolizzazione, attraverso la parola, di tutto ciò che è emozione e dolore: la scelta del macabro, del faceto, del motteggio individuano una nuova dimensione dell'amore, angosciosa quanto mortificante, visione che non può che portare il sentimento a collassare su sé stesso autodistruggendosi.

Insomma, se il Molleggiato dice di non saper "parlar d'amore", Lucio non "vuole" più parlar d'amore. L'orecchio dell'ascoltatore, sobillato perfidamente dalla prima traccia dell'album, inizia a scoraggiarsi con la successiva "Fatti Un Pianto", pezzo bislacco tra parvenza di sentimento e arte culinaria, ove si enuclea in maniera netta l'interesse panelliano per il gioco di parole, arma di divertimento, forse di sfoggio dinanzi alle modeste possibilità dell'uditorio.
Accusato spesso di volersi prendere gioco dell'ignoranza del pubblico il poeta napoletano si ripete nella quinta traccia dell'album, "Equivoci Amici", ove l'onanismo cerebrale si dilata abissalmente nell'elencazione parossistica di "casi umani" che a mo' di equivoci si "spaesano" invece di sposarsi, lavorano "all'estro" invece che all'estero, mettono "plancia" e non pancia: mero vanto ornamentale su motivo accattivante in perfetto stile anni '80.
A questo punto, dopo le parentesi rappresentate dalla macchinosa "Il Doppio del Gioco" e l' incomprensibile "Madre Pennuta", l'orecchio del fan di Battisti è ormai decisamente straziato, ampiamente basito da quel nuovo calderone di parole e impressioni che pare non appartenere al cantante di Poggio Bustone.
La title-track, sesta traccia, segna la fine del percorso intrapreso: attraverso lo svilimento della figura del Don Giovanni Battisti giunge a dimostrare che non è più possibile provare e parlare la lingua dell'amore; "Qui Don Giovanni, ma tu dimmi chi ti paga", dice il protagonista a chi si presume essere una prostituta: l'amore ridicolizzato, prodotto di consumazione mercenaria.
Dopo l'acustica "Che Vita Ha Fatto", ecco sopraggiungere "Il Diluvio", ineluttabile conclusione di un disco che non può che diluirsi nell'uggiosa incertezza di un temporale.

Il nuovo Battisti, la nuova sfida sperimentale attraverso l'uso virtuosistico della parola e l'attenzione nei confronti delle sonorità elettroniche. Detto tra noi, caro fan del Battisti degli anni '70, conserva comunque "Don Giovanni", anche se non hai voglia al momento di riascoltarlo: un giorno capirai, voglio sperare, che non è solo fumo.
"Il vero è nella memoria e nella fantasia".

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