Dopo l'esito disastroso di "E già" (1982) Battisti comincia a collaborare seriamente col poeta Pasquale Panella. La loro collaborazione non durerà molto, appena otto anni, ma sarà intensa e gratificante, preziosa e interessante. Da questa unione nascerà, come primo sostanziale epigono, "Don Giovanni", l'album forse più sopravvalutato dell'intero periodo panelliano. Battisti e Panella hanno un solo scopo: rompere col passato, fondare il presente, costruire il futuro. Rompere cioè con gli schemi classici e canonici della tradizione culturale italiana (a quei tempi Albano trionfava a Sanremo con "Nostalgia canaglia"), avvicinarsi alle atmosfere americane punk e dance; utilizzare, il meno possibile, strumenti musicali classici e melodici (chitarre, pianoforti, violini). L'impresa è ardua e si concretizzerà solamente qualche anno più tardi, esattamente nel 1990 con "La sposa occidentale" e poi ancora meglio nel 1992 con "Che cosa succederà alla ragazza".

Per il momento c'è "Don Giovanni", album di rottura ma non troppo. Le musiche sono ancora abbastanza classicheggianti (i pianoforti dominano dalla prima all'ultima canzone), ma le parole sono uno shock: complesse, ermetiche, difficili, oscure, ricercate, arcaiche, sono in molti a non capire cosa stia cantando esattamente Lucio. La stessa "Don Giovanni" è ermetica al massimo livello, difficilissima da comprendere, decifrabile (forse) solo al decimo ascolto. L'atmosfera è vagamente retrò condita però da quel pizzico di strafottente modernità che sarà la chiave di volta della collaborazione fra Battisti e Panella. Suoni arcaici dunque, ma anche suoni estremamente familiari: a melodie spesso riservate si contrappongono slanci orchestrali degni del miglior Battisti anni Settanta (le lunghe aperture musicali di "Le cose che pensano") mentre le melodie scorrono lisce senza pesantezze o incertezze. "Don Giovanni" è un brano bellissimo, forse la miglior canzone di tutti gli anni Ottanta. Parte pianissimo, quasi senza nerbo, ma bastano due accordi e una voce sempre linda e cristallina per alzare il tono e concludere in bellezza con una interessantissima sovrapposizione di voce una canzone delicata e malinconica. Don Giovanni è un uomo ferito, probabilmete un ex gagà: solo e spiantato, stanco e vissuto, ormai adatto a qualsiasi impresa (purchè umiliante: "Rivesto quello che vuoi, io son l'attacapanni") decide di distaccarsi dal mondo, e dalle cose terrene, dopo aver incontrato, per l'ultima volta, una puttana di quartiere ("Qui Don Giovanni ma tu, dimmi chi ti paga"). Il brano però, non è tutto qua: Panella inserisce nel testo alcuni spunti polemici (evidentemente suggeriti da Battisti) circa l'operato, a volte troppo melodico, di Mogol: "Che ozio nella tourneè, di mai più tornare, nell'intronata routine del cantar leggero, l'amore sul serio". Insomma, un "Don Giovanni" puramente inventato non privo di scandagliature autoriali pressochè referenziali. Molto incisivo anche "Madre pennuta" ennesima variazione allegorica sul tema della perdita e della distanza vitale. Grandi slanci poetici, immensi slanci musicali: pochissime concessioni allo sperimentalismo, moltissime concessioni alla classicità. Ma è una classicità estremamente moderna, assai diversa da quella proposta, molto fiaccamente, in Italia da Albano e i Ricchi e Poveri, si tratta di una musicalità innovativa in quanto prevede furibondi accenni melodici mischiati a furibondi accenni misticheggianti.

Una destrutturazione canora e musicale che non avrà, purtroppo, epigoni: da "L'apparenza" (1988) a "Hegel" (1994) Battisti e Panella (prima con l'orchestra, poi con i suoni elettronici) taglieranno e cuciranno a piacimento la musica per scavarne fino in fondo l'anima e lo spirito. L'impresa sarà titanica, e solo a Battisti potrà riuscire. "Don Giovanni" è comunque il primo di questi esperimenti, e dunque è il meno riuscito. Molte canzoni sembrano viaggiare su binari leggermente scontati ("Equivoci amici", "Il diluvio") e il finale vira verso toni ingombranti e pomposi. Nessun problema: basterà aspettare quattro anni per ascoltare la vera rivoluzione musicale (quattro anni, credetemi, non sono molti). "Don Giovanni" intanto, balza al primo posto nella hit parade. Ci starà per pochissimo tempo e sarà, per Battisti, l'ultima volta. Peccato: le copertine bianche (classico esempio di come si possa, oltre che creare musica minimalista, dipingere copertine scarne ma essenziali) avrebbero sicuramente meritato più fortuna e più successo. Forse, in futuro, saranno rivalutate e quindi, finalmente, amate.

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