Nella rurale campagna giapponese nei pressi di Nagasaki si svolgono le vacanze estive in casa della nonna di quattro ragazzini i cui genitori sono partiti alla volta di Honolulu per far visita ad un moribondo e soprattutto ricco zio. L'anziana donna chiamata Kane è una sopravvissuta alla strage della bomba atomica ed è animata da un profondo amore nei confronti dei nipoti. Questi ultimi vengono a conoscenza della grande tragedia che colpì il Giappone il 9 Agosto 1945 attraverso i racconti della nonna mescolate a storie di famiglia e suggestive narrazioni dall'alone mistico. L'arrivo di Clark, figlio dello zio moribondo e ormai americano a tutti gli effetti, turberà gli equilibri familiari, fra incomprensioni e verità celate. La notizia della morte del parente Hawaiano innesta nella donna un immane senso di colpa per non aver potuto vederlo per l'ultima volta, un peso sulla coscienza che la porterà alla follia.
Penultimo lavoro del grande regista nipponico Akira Kurosawa, "Rapsodia in Agosto" risale al 1991. E' un'opera crepuscolare che risente di tutti i difetti dell'essere tale: riesumazione dei temi già precedentemente affrontati e narrati con i toni che da sempre hanno contraddistinto il suo cinema. Tra l'altro la pellicola fu sottoposta agli aspri giudizi di parte della critica che rimproverava il pericoloso inclinarsi di Kurosawa verso criteri di produzione artistica sempre più occidentalizzanti. Critiche eccessive, che si muovono soprattutto sulla scia di un ridimensionamento del lungometraggio a semplice commemorazione della strage di Hiroshima e Nagasaki.
Le sequenze che riprendono i giovani protagonisti visitare le rovine di Nagasaki e commuoversi d'avanti al monumento in onore delle vittime di una scuola (Fra le quali il nonno insegnante) non possono interpretarsi secondo uno chiave di lettura unilaterale. L'omaggio c'è, ma non solo. L'episodio bellico è il filo conduttore attraverso i quali si collegano fra loro i personaggi che si legano in rapporti paralizzati dalla vergogna per le responsabilità della guerra: il nipote americano, Clark, è completamente ignaro che suo zio sia morto a causa della bomba atomica, aspetto che gli era stato celato dai genitori dei ragazzi in visita alle Hawai, al fine di non compromettere i propri interessi economici nella paura che questa verità avesse fatto sorgere dei rimorsi nell'animo dei parenti americani.
Il contrasto fra l'integra bontà della nonna e l'opportunismo gretti dei suoi figli, il contrasto generazionale insomma costituisce altra tematica alla base del film. Una frattura irreparabile divide i membri di quelle generazioni che hanno visto gli orrori della guerra rispetto a coloro i quali sono nati nel "comodo" mondo ricostruito. Una divisione che non arriverà mai ad un punto di incontro come fa supporre l'efficace e semplice scena del rimbrotto della nonna contro i famelici signorotti, in attesa di essere graziati dai consanguinei statunitensi. Solo i quattro ragazzini sembrano essere capaci di aprire le orecchie ad un punto di vista diverso e seguono una graduale evoluzione dall'inizio fino alla fine della pellicola nella quale assumono verso la progenitrice un atteggiamento di maggiore reverenzialità ed affetto, fino a formare un fronte comune contro i "grandi". Inutile negare le vicinanze con Bergman o Antonioni dal punto di vista dell'incomunicabilità alla base dei rapporti umani.
La parte finale del film verte decisamente sul filone onirico giustificato dalla follia di Kane, vera grande protagonista della storia: dal suo perdono e dalle sue parole dipende tutto. Una figura magistralmente interpretata da Sashiko Murase in bilico fra la difficoltà di convivere nella sua senilità con il ricordo e la tensione verso la credenza nel sovrannaturale. E' proprio lei la protagonista delle scene più toccanti di tutto il film specie nell'epilogo, quando in preda al delirio confonde un temporale con il bombardamento da lei vissuto e corre a ricoprire i nipoti con le lenzuola, e sul finale, mentre corre disperatamente verso la città di Nagasaki inseguita dai nipoti.
C'è poco di antiamericano in "Rapsodia in Agosto", c'è solo una necessaria messa in evidenza dell'accaduto per indurre gli U.S.A. a non nascondersi più ma ad una ammissione di colpe, perdonate in virtù dell'idea per cui è la guerra a nuocere non gli uomini, nient'altro che delle vittime. Diventare consci di ciò che è successo perché "Hanno detto di aver gettato la bomba per fermare la guerra. Sono passati cinquanta anni e la bomba continua a far la sua guerra e non passa giorno che non uccida ancora", come dice Kane. Una poesia sulle relazioni umane e sulle conseguenze inflitte loro dalla guerra e anche, a discapito della critica maligna, un invito dal vago sapore nazionalistico per i nipponici a non dimenticare la sacralità e l'importanza dei valori familiari e delle tradizioni valide da sempre.
P.S.: infausto il doppiaggio in lingua italiana specie per Richard Gere, negli improbabili panni di Clark.
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