Chi lo vide salire sul palco dell'Ariston, pensò per un attimo che Reinhold Messner si fosse dato alla canzone.

Ci fosse salito qualche anno dopo, tale ipotesi non sarebbe stata nemmeno presa in considerazione. Prima di cantare, infatti, non pronunciò il celebre mantra che da anni il colosso di Bressanone intona prima d'ogni impresa in alta quota: 'ALTISIMA-PURISIMA-LEVISIMA'.

E nel suo passato non c'erano l'Everest e il Nanga Parbat, ma lunghe e salutari passeggiate sui sentieri del suo Trentino. Lassù dove si respira l'aria e la vita non è vuota, come avrebbe cantato il Fornaciari nazionale.

A un certo punto però...cammina cammina, respira respira, il Messner della canzone s'era stancato di camminare. E quasi non respirava più per la fatica.

"Ci siam stancati, sì, ci siam stancati di camminare".

"Su queste sabbie nere".

Scese allora in riva al mare, dove pure si respira l'aria (ma appunto, di mare) e la vita non è vuota, perché la si riempie cantando. E la sabbia non è nera, neanche quella. Sulla Riviera dei Fiori, precisamente. Al Festivàl dei Festivàl.

In un'annata, già di per sé, fuori dall'ordinario. La prima con le basi preregistrate. Quella in cui Toto Cutugno vinse. Quella in cui i Latte e Miele non raggiunsero la finale. Quella di 'Contessa'. Quella di 'Voglio l'erba voglio'.

Ad un Francesco Magni che sognava l'India fumando l'erba del giardino del Re, anche se il Re non c'era perché era andato a Santa Fé a prendersi un caffè, il poeta di Madonna di Campiglio rispose con ben più saggi consigli alle giovani generazioni. E su base folk argomentò con inappuntabile chiarezza:

'Non ti drogare'

Non fermandosi all'assunto fondamentale della propria tesi, ma specificando anche perché non ci si deve drogare. Che è la cosa più importante.

'E se ti droghi, e se ti droghi muori'

Cioè: drogati pure, se vuoi. Però io ti dico a cosa stai andando incontro.

Fra l'altro, non è che si muore soltanto. Fosse solo il morire... Il punto è che si muore male.

'E se ti droghi, e se ti droghi affoghi'.

E già t'immagini di trovarti dentro un sottomarino in cui s'è aperta una falla, con l'acqua ormai alla gola che continua a salire.

Altro che il sottomarino giallo di beatlesiana memoria. Altro che colorate fantasie psichedeliche. Lucy non è in cielo con diamanti, ma in fondo al mare annegata. E sotto questo mare non c'è sole.

Il monito era chiaro, l'esortazione a scegliere la vita altrettanto. Ma gran parte dei giovani, chissà perché, non raccolse il saggio consiglio. Forse non lo videro neppure salire sul palco dell'Ariston, quella sera. Vattelappesca che anche loro se n'erano andati a Santa Fé, a prendersi un caffè.

Non capì nemmeno la giuria: eliminazione senza appello. Poco importava se quelle sabbie nere, negli intenti del poeta, avrebbero dovuto far pensare più al piombo che all'oppio.

Per la cronaca: Alberto Beltrami fa ancora il dj, scrive musica e ha composto - fra gli altri suoi lavori - la colonna sonora del Padiglione Città del Vaticano Expo 2015.

Non è più tornato a Sanremo, che io sappia. Ma lo ripenso spesso. E quando ci penso, sono sempre bei pensieri.

Me lo immagino a camminare sui suoi sentieri di montagna, o a saltare la staccionata in una pubblicità dell'Olio Cuore, o a tavola in uno di quegli spot anni '80 tutti sorrisi (e canzoni TV), stile Galletto Valle Spluga e simili. O ancora, dentro una di quelle tute Diadora a fantasie geometriche, magari blu o turchesi, o tipo divisa della Nazionale a Italia '90. Di quelle che si tiravano fuori il weekend, quando la serie A giocava tutta di domenica e si aspettava mezzogiorno per i tortellini, Maurizio Mosca e la musichetta di Guida al campionato. Sì, Alberto Beltrami mi ha sempre fatto pensare a una tuta Diadora.

Come Battiato mi fa pensare a un tappeto persiano, Gianni Bella a un paio di mutande tricolori, Zarrillo a un roseto di rose blu.

Mentre Reinhold Messner non ha mai pensato di andare a Sanremo. Lui che di fiato ne avrebbe. E non si è ancora stancato di camminare.

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