...e dopo Maiale, Majakovskij, Malfatto...

Oh Lilja, mia immagine permanente. Anima di metallo che tormenti i miei respiri in continuazione. Angoli non smussati che pungono le mie viscere. Muscoli bruciati da una passione malata, come il residuo di una pellicola separata dalla matrice. Come mi è mai potuta venire in mente una cosa del genere?

E' stato bellissimo, quella sera, distinguerti nel fumo dei sigari in lenta lievitazione. Tra i tintinnii dei blocchi di ghiaccio agitati nei calici semivuoti. Risate, applausi, qualche piccola ovazione. Cosa mi ha spinto a intingere la penna in quella pinta di inchiostro avvelenato...

Io, Vladimir, che non ho potuto esimermi dalla potenza del tuo sguardo, che non ho saputo separare il tuo lieve profumo di lavanda da quello dolciastro di un sandalo familiare. Io, che non ho voluto odiare quei piccoli seni perfetti nascosti da un velo scuro all'ombra di un cappellino da sera. Io che ho accettato un amore inconcepibile, affollato, troppi battiti cardiaci che si scontrano sulla tua pelle umida. Che non è solo mia...e mi fa sentire un po'...ecco...Maiale.

Aleksandr ha saputo discernere ogni cosa. Lui si che ha saputo mettere da parte il sentimento bramoso di ogni bestia d'uomo fin dal primo contatto con le prede. Qualche scatto professionale ad evidenziare quella mano bianca e il suo sottile ornamento in perfetto contrasto con il rossore delle guance in tiro. Quella posizione trasversale da cui ha scattato, riuscendo a spalmarti, pressarti, schiacciarti sulla pellicola senza provocarti alcun dolore. Quella prospettiva che ti vuole vedere in caduta, come se una mano invisibile ti stia trattenendo da un inevitabile tonfo a terra. Urla, Lilja! Diffondi la tua musica, estendi i tuoi muscoli e tuona! Senza rabbia!  

Tu che tuoni senza rabbia un invito alla lettura per la Gosizdat, con quella musica che dal profondo del diaframma esplode in un manifesto di propaganda. Quella musica che si vede, si percepisce, mentre enfatizza la gola e gonfia le guance, stira il complesso ioideo e fa pulsare il sangue nelle corde vocali senza alterare la finezza dei tuoi lineamenti. Dove guardavi Lilja? Con quale forza volevi perforare l'obiettivo? Quella tua dentatura precisa, lucida, che sembra voler azzannare il vuoto. Il tuo corpo in uno slancio gioviale a mordere qualcosa.

E quei capelli raccolti nel fazzoletto...quante volte li ho accarezzati., tra i profumi freschi di un albero in fioritura fino alla rimozione forzata della tua immagine per l'anomala situazione sentimentale. Quanti aghi ci saranno voluti per farmi apparire come un idiota appoggiato ad un tronco freddo, deriso anche dalle foglie deboli, adagiate su un ruscello calmo...Majakovskij...

Quanti cuori hai rapito, quanti cervelli hai incantato, eroina della rivoluzione, altruista e immortale. Oh Lilja, mia diletta...lo so che ami Osip ed io...sono solo di passaggio.

Malfatto. Si malfatto tutto ciò che ho creato finora, senza spirito, senza criterio senza un minimo di amor proprio, dignità morale ed umana. Non posso continuare ed accettare tutto questo per altro tempo. E dopo Maiale, Majakovskij, Malfatto, gli altri avranno il sacrosanto diritto di continuare a leggermi matto?

Forse si. Noi poeti alla fine siamo un po' tutti pazzi. Preferiamo l'animo esacerbato per buttar giù versi che verranno letti post-mortem. Impegno regalato agli steli dei crisantemi cullati dal vento, dove nessuno verrà a strizzare lacrime su quella pietra deserta. Io, che ho deciso di scacciare la vita, strappandola a quella pelle macchiata dal disonore dell'adulterio. Io, pazzo poeta che scrivo i miei ultimi versi col sangue, mentre un fuoco indotto infilza le mie carni, attraversate dal corpo estraneo di un pallino di piombo. Io, che mi sbarazzo di te come il peggiore degli idioti, con la speranza di lasciarti rotolare nei rimorsi come i porci nel fango fino alla fine dei tuoi giorni!

Ti amo, Lilja...

Quanto mai tuo, Vladimir.

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