La nuova speranza dell'horror europeo: Alexandre Aja. Regista dell'ottimo Alta tensione che gli ha permesso poi di approdare ad Hollywood con il remake di Le colline hanno gli occhi, Aja ci propone un altro remake questa volta di un semisconosciuto horror giapponese: Into the mirror.

Ben Carson, interpretato da un buon Kiefer Sutherland, dopo aver ucciso per sbaglio e datosi successivamente all'alcolismo viene lasciato dalla moglie. Un anno dopo troverà impiego come guardiano notturno di un magazzino abbandonato. L'edificio, distrutto in passato da un incendio doloso, ha visto morire al suo interno ventinove persone. In questo luogo comincerà l'odissea di Ben, tra visioni sconcertanti, strane presenze, e i suoi continui problemi esistenziali.

Riflessi di paura gioca sugli specchi. Lo specchio come oggetto terrificante, il mezzo attraverso cui viene dispensata la paura. Un continuo gioco di riflessi e superfici riflettenti, di rimandi continui all'oggetto simbolo di questa pellicola. Specchi quelli che incontrerà Ben che hanno la capacità di riflettere immagini sconvolgenti e che sembrano manipolare la realtà.

Dopo un inizio al cardiopalma il film perde lentamente la sua forza a causa di alcuni dialoghi poco convincenti, mentre ogni volta che si torna nel magazzino abbandonato Aja dimostra il suo grande talento nel ricreare atmosfere cupe ed effimere. Ed è proprio in questi momenti che si assiste alla bravura del regista nel realizzare scene che hanno lo scopo di spaventare lo spettatore. Il film vive comunque su un ritmo alternato: scene agghiaccianti (indimenticabile quella della morte in vasca) e dialoghi insulsi che vanno a minare un film altrimenti molto buono.

Come gia accaduto in passato ottima scelta della location da parte di Aja. In questo caso il film è stato girato in un vecchio edificio di Bucarest. Inoltre la stessa pellicola è stata prodotta da una casa cinematografica rumena.

Il più grande difetto dell'horror del regista francese sono sicuramente i dialoghi: alcuni imbarazzanti, altri appena funzionali alla storia che ci viene raccontata. Assolutamente sconcertante quello in cui Ben viene chiamato da sua moglie e si sente dire scusa per non aver creduto che degli specchi potessero uccidere. A risollevare le sorti del film viene in soccorso l'indiscusso talento registico di Aja che negli ultimi venti minuti con una gran trovata, e un finale inatteso, riporta in alto le sorti della pellicola.

Aja ha cercato di rappresentare lo specchio come qualcosa che non riflette più l'uomo ma piuttosto le sue paure, la sua angoscia. La stessa angoscia che fa il protagonista molto più vulnerabile di quello che è. Il regista è riuscito a metà in questo intento ma ha comunque realizzato un film attraente, con un'ottima fotografia e delle grandi scene magistralmente dirette. Per fare questo si è leggermente distaccato dallo splatter per virare su un più classico stile horror riusciendoci anche abbastanza bene. Tutto questo lavoro viene pesantemente intaccato però da una sceneggiatura debole e insulsa che fa sembrare questo terzo lavoro di Aja molto più banale e grottesco di quello che è in realtà.

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