Serata impedibile al conservatorio di Milano. L'occasione è il penultimo concerto in terra italica del Maestro Alfred Brendel, grande vecchio del pianismo mondiale, ormai prossimo al ritiro. Brendel, che ha annunciato il suo ritiro per il prossimo dicembre, terrà un ultimo concerto italiano alla Scala nel novembre 2008, ma, data la sua lunga tradizione di esibizioni al conservatorio milanese, il concerto di ieri sera si presentava come un evento denso di significato.

Davanti a una sala gremita come non mai, il Maestro entra in scena con puntualità teutonica alle 8,30 e, dopo un breve inchino, è subito pronto ad affrontare il denso, impegnativo e affascinante programma: i 4 Viennesi, Haydn, Beethoven, Schubert e Mozart sono tutti rappresentati attraverso alcune tra le rispettive più eccelse composizioni per solo piano.

In un silenzio totale si levano cristalline le prime battute dell'allegro moderato, prima parte della sonata in do minore Hob.XVI.20 di Franz Joseph Haydn. Come prevedibile, l'interpretazione di Brendel è stupefacente nella sua limpidezza; le continue cadute del primo tempo lasciano spazio al fluire melodico dell‘andante, per poi chiudersi con le scintille del vivacissimo allegro conclusivo.

Il primo applauso scrosciante della serata incornicia l'esecuzione del Maestro, straordinario nel rendere i diversi stati d'animo, le pulsazioni ritmiche, le pause e le accelerazioni di una sonata fondamentale per lo sviluppo del repertorio pianistico viennese.

Dopo un'uscita di scena e conseguente acclamazione, il vecchio Alfred si risiede allo strumento e subito attacca la sonata n.31 in la bemolle maggiore op.110 di Beethoven. E ora, largo all'emozione. Perché se Haydn era stato affrontato con perfezione assoluta, già dal "moderato cantabile molto" di Beethoven Brendel ammutolisce l'uditorio con la sua ben nota classe. La passione, l'intensità dell'esecuzione è sconvolgente; Il Pianista suona con una dolce aggressività ogni nota, scivola sui tasti nelle parti più lente per poi balzare sullo sgabello, alla faccia dell'artrite, e scolpire accordi granitici nei momenti più movimentati. È il tocco ciò che rende un grande pianista un genio assoluto, e la maestria di questo anziano austriaco ha pochissimi rivali. Entusiasta è l'uditorio che tributa al Maestro una rispettosa ovazione.

Con il capolavoro di Ludovico Van (per dirla con Kubrick) si conclude in crescendo la prima parte del concerto. L'intervallo giunge provvidenziale per permettere una veloce corsa al bar del foier. Con l'aumentare del pathos musicale è infatti vertiginosamente salita anche la temperatura in sala e, come me, molti spettatori approfittano della pausa per placare la sete feroce.

Adeguatamente rifocillati, si rientra tutti in sala al suono della campana. Il programma prevede ora un autore particolarmente caro a Brendel, ovvero Schubert. Pezzi scelti per la serata sono 2 impromptus -improvvisazioni- sorta di ariose sonate incomplete. Di Schubert, Alfred Brendel è senza dubbio uno dei migliori interpreti di sempre: leggendarie sono le sue incisioni, in studio e live, delle varie sonate e, appunto, degli "impromptus". Il primo, dei quattro presenti nel corpus delle opere schubertiane, è quello in fa minore, L'attacco è movimentato, allegro e deciso, i tritoni ripetuti sono affrontati dal concertista con una forza insospettabile per la sua non più tenera età(76!). Dolcemente però, il pezzo sfuma per approdare ad atmosfere più rilassate, nostalgiche e quasi malinconiche; sembra apparire l'immagine di una serata in un salotto viennese, amici riuniti e Franz che suona il piano, la serata procede, sovviene la stanchezza, è il momento dei ricordi. Sempre con grazia il brano si conclude sfumando nel seguente, malinconico e crepuscolare come lo spegnersi delle braci nel camino. L'applauso successivo alla conclusione dell'impromptu in si bemolle maggiore esprime la gratitudine del pubblico nei confronti di Brendel, impareggiabile dispensatore di sensazioni.

Il concerto volge al termine con il gran finale, la celeberrima sonata in do minore K 457 di W. A. Mozart. L'ineffabilità di dantesca memoria è l'unica sensazione esprimibile. Non pare possibile rendere a parole la sublime e struggente compiutezza dell'opera, la vivace e aggraziata leggerezza, lo scorrere sicuro delle note, mai cosi corposamente eteree. Grandiosa è la conclusione del brano: uno stacco magistrale e il Maestro è in piedi a ricevere l'affetto dei presenti. L'ovazione tributatagli è la summa di tutta la gratitudine per una serata memorabile. Ma non è ancora finita.

Brendel, comosso dalla riconoscenza degli spettatori e sinceramente felice, si risiede al pianoforte per un ultimo brano. Il congedo non può che essere tratto da un autore a lui particolarmente caro; dal repertorio sterminato del pianista, è di nuovo Schubert, un terzo impromptu.

Ora tutto si è veramente concluso, la sala in piedi ricompensa Alfred Brendel per l'ultimo, eccelso, concerto in questa sede, che molte volte lo ha ospitato e omaggiato. In piedi, tutti, applaudiamo Alfred Brendel, un distinto anziano signore, che, seduto allo strumento, da sempre si trasfigura nel Genio capace, con le sue interpretazioni, di far risplendere innumerevoli Opere di Grandi del passato.

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