Se c'è un tipo di Metal che davvero adoro, è quello "cerebrale". Vi sono poche cose piacevoli e corroboranti quanto giacere in vestaglia leopardata sul letto a baldacchino mentre si ascolta musica geniale e avanguardistica, sorseggiando un the al bergamotto e pregustando il piacere di un buon sigaro. Tuttavia, ogni tanto giunge anche per il sottoscritto il momento di scendere di qualche gradino ed esplorare sonorità più rozze ed aggressive, per poi distaccarsene con sprezzante superiorità. E'stato così che mi sono avvicinato agli Amon Amarth: un gruppo di vichinghi veri, di quelli che vanno al mare col drakkar gonfiabile e mangiano carne cruda di orso bianco; solo che questi svedesi non sfogano la loro naturale rabbia scandinava solcando il mare per compiere razzie, bensì sfornando violente perle metallazze. E quando venne l'ora di realizzare "Versus The World" (2002), dovevano essere parecchio incazzati.

Lo stesso singer Johan Hegg, ragazzone barbuto cresciuto a birra e bistecche, ha definito il quarto lavoro della sua band "il più pesante, malinconico e oscuro che abbiamo mai fatto", ed effettivamente si può udire una certa parvenza di tragicità (su tutte "Across The Rainbow Bridge") serpeggiare tra le nove tracce del disco. Per carità, rimane pur sempre un album targato "Amon Amarth", pieno zeppo dunque di rimandi alla mitologia, del classico anticristianesimo del genere e di una melodia che a un orecchio attento saprà offrire sottili e pregevoli variazioni. Il growling di Hegg è possente ed intenso come la fase più concitata del Ragnarök, le chitarre rombano tonanti manco fossero fulmini invocati da Thor, e la batteria dell'ottimo Fredrik Andresson ricorda il suo implacabile martello che si abbatte tonante sul serpente Midgard. Eppure, anche i nostri cinque vichinghi, reduci da tre dischi burrascosi, hanno finalmente capito cosa sia la mestizia. Ecco allora che si passa dalla drammaticità epica della title-track e di "Where Silent Gods Stand Guard" al pessimismo di "...And Soon The World Will Cease To Be".

In conclusione, "Versus The World" è un disco che si regge sulla commistione tanto cara agli Amon Amarth di violenza e melodia, e riesce a risultare ancora molto potente, sebbene il gruppo abbia deciso di allentare le briglie rispetto ai primi tre lavori. Purtroppo, però, è un disco che è stato e verrà etichettato da molti come "ripetitivo": in effetti, bisogna ammettere che, nonostante i piccoli cambiamenti di cui si è detto sopra, la proposta musicale di quest'album è troppo poco diversificata. Insomma, c'è il rischio che lo si ascolti in bomba per qualche giorno e poi lo si abbandoni alla polvere. Se però siete fan del genere, è un lavoro che non può mancare nella vostra collezione, quant'è vero Odino!

E adesso scusate, è l'ora del mio the. 

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