Siamo tutti assassini è un film di denuncia.

È un’appassionata requisitoria contro la pena di morte. Il regista Andrè Cayatte, giornalista e avvocato aveva già girato alcuni film-denuncia ma è con questo (Premio speciale della Giuria a Cannes) che ottenne il giusto riconoscimento.

Si tratta di un film molto ben costruito, sia come scrittura che come dialoghi (ad opera di Charles Spaak padre di Catherine) e recitazione. La colonna sonora è assente, tipico dei film francesi dell’epoca.

C’è anche Amedeo Nazzari, nelle vesti di medico carcerario, e sarà proprio lui durante il processo a lanciare un preciso je accuse verso la legge francese di quei tempi (è appena terminata la seconda guerra mondiale) dove vigeva ancora la ghigliottina.

C’era la guerra dunque, con tutti i suoi orrori. C’era la povertà e la fame più nera a braccetto con l’ignoranza più totale e per fame si poteva fare di tutto, ci si poteva prostituire o si poteva ammazzare qualcuno. Ecco perché un giovanotto, povero in canna, senza padre, con la mamma alcolizzata e la sorella prostituta e con un fratellino più malconcio e logoro di lui (attenzione il ragazzino è bravissimo) finirà in galera e verrà condannato alla ghigliottina per omicidio.

Tutta la breve prima parte con la fame, la guerra, cadaveri da far sparire, la resistenza e gli omicidi è straordinaria ma è quando il ragazzo viene arrestato che il film inizia davvero… Un condannato a morte. In cella con altro condannati a morte come lui, tutti terrorizzati in attesa della chiamata. Vengono di notte non fanno rumore… è quando non senti alcun rumore che sei in pericolo possono venire da un momento all’altro

Condannati a morte rinchiusi in una cella isolata lontana da tutti gli altri detenuti. A fronte delle rimostranze dei detrattori dell’atroce ghigliottina (la pena di morte in Francia verrà abolita solo nel 1981) la risposta era per “dare un esempio” (così te ‘mpari direbbero dalle mie parti) oppure per “dare una lezione”.

L’argomento è più complesso di quanto sembri se ci aggiungiamo eventuali errori giudiziari e se non teniamo conto del disagio sociale o psichico che porta alcuni individui ad ucciderne degli altri salvo poi venir ammazzati anche loro… Il film critica anche la chiesa, già, perché in punto di morte il prete ti faceva l’ultima bonaria paternale (ti penti? dai pentiti bacia il crocefisso su fa il bravo).

Siamo tutti assassini dunque? Boh… oggi va di moda dire JE SUIS “qualcosa” ma questa è un’altra storia (forse).

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