Un giorno cercando un disco Blue Note che non fosse "Out To Lounch" -che già possedevo- scovai su internet "Point Of Departure"; leggendone i musicisti credevo che fosse una raccolta o qualcosa del genere.

Invece no.

Kenny Dorham, Eric Dolphy, Joe Henderson, Richard Davis e Anthony Williams avevano davvero suonato insieme, guidati dalla creatività del pianista Andrew Hill. A questo punto scartando il disco che avevo acquistato mi chiesi: cosa succede se si mettono nella stessa sala d'incisione alcuni trai migliori musicisti mai vissuti e li si fanno suonare?

La risposta mi fu chiara dopo il primo ascolto. Questo è IL disco, è la PERFEZIONE.

Alfred Lion nel '64 concede a Hill di scegliere tra i migliori musicisti della Blue Note e di mostrare l'originalità delle sue composizioni. Il pianista ripaga la fiducia datagli con cinque brani irripetibili in cui le voci strumentali si incastrano, litigano, sussurrano.

Il primo impatto è folgorante. Allo spigoloso tema di "Refuge" segue il solo di Hill astrattamente lirico e con un senso del ritmo non convenzionale; poi viene Dolphy e si apre una nuova pagina: il suo modo di suonare è eccitante, coinvolgente. Seguono il solo di Dorham -ispiratissimo- e un'attimo di "tensione" dove il basso continua la sua affannata corsa, avvicinandosi al momento di Henderson, il quale disegna la sua musica in modo asimmetrico e graffiante. Intanto a Williams viene concessa assoluta libertà.

Il secondo brano è "New Monastery". Questa volta il tempo è leggermente più rilassato; il primo ad avere la parola è Dorham, cui segue Dolphy con la sua proverbiale esplosività, poi Hill, Henderson ancora il tema e in un momento il pezzo vola via per lasciare spazio all'elaboratissimo "Spectum" che dopo il solo di Hill cambia faccia. I tre fiati creano una fitta trama musicale che si scioglie con Henderson, che si districa e la lascia il testimone a Davis. Poi un'altro sconvolgimento; ora il brano si è tramutato in una ballad paradisiaca con il magnifico soliloquio del sax alto; non è finita quì: il piano introduce la tromba sordinata e i flauti di Henderson e Dolphy, Dorham sussurra la sua musica creando un' atmosfera perfetta per sollecitare la fantasia di Williams, il quale fa letteralmente cantare la batteria. Al ritorno del tema si è ormai convinti dell'incredibile creatività di Andrew Hill ampiamente documentata in questa suite.

"Flight 19" è, invece, un'improvvisazione collettiva basata su una struttura inusuale. Hill si serve di questo brano per introdurre l'altro capolavoro del disco: "Dedication". "Dedication" è una malinconica marcia funebre. Dal clarinetto basso di Dolphy escono note uniche, di intensa espressività; Hill non è da meno, accarezzando velocemente il piano con note piangenti come quelle del sax tenore di Henderson, il quale dimostra di possedere, all'occorrenza, un suono dolcissimo. Questa composizione regala sensazioni uniche; nelle note del disco si dice che Dorham, dopo aver suonato la sua parte avesse le lacrime agli occhi.

Difficilmente si riesce a far comprendere con il linguaggio comune il tripudio di emozioni che dona questa musica.

Concludo con il consiglio di procurarvi questo disco, che, a mio parere, non può mancare in una discografia ideale.

Carico i commenti... con calma