Il lepidottero è destinato all'evoluzione, al cambiamento, al perfezionamento, è un'impellenza imposta da istinti e leggi millenarie; la metamorfosi è un processo estremamente affascinante e seduttivo: trascina nella spiritualità dell'essere e anche il corpo diventa inspiegabilmente il territorio di un'effimera misticità, mentre gia si assapora la nostalgia che spioverà al termine del viaggio.

La metamorfosi di Ani DiFranco è rappresentata da una falena notturna, che non muta in nessuna crisalide, ma rimane la camaleontica creatura di sempre, sanguigna e ruspante, pronta però ad affrontare un viaggio più evanescente, a tratti malinconico, "non insegue piu lampadine, ma vuole affacciarsi sulla luce della luna".

Una piacevole anomalia del mercato discografico che ha precocemente preso il controllo di sé, giovanissima ha pubblicato più di una decina di dischi e fondato una casa discografica, e così per una volta le cifre sono gradite.
Dopo l'esperienza acustica ritorna con la vecchia band: la sintonia e l'affiatamento saltano subito all'occhio, piacevolissime le chitarre, atmosfere jazz rarefatte e sfiorate appena "O My My" in congeniale contrasto con ritmi funk "In The Way", immancabili echi di folk, mentre sezioni di fiati, sassofoni e clarinetti, accompagnano e scontrano con la voce di Ani e con il suo corposo modo di cantare, con la sua personale abiltà di ingoiare 5 parole e poi di spaccarne una sesta, di riprendere poi di sospendere con grande naturalezza.

In generale si ha la sensazione di essere sull'orlo di un'implosione sia spirituale che fisica, la schiusa è ad un passo, ci si avvicina sempre di più, il fiore pulsante sta per gemmare, ma la fioritura tanto attesa svanisce, la filogenesi bloccata si rigonfia su se stessa ed evapora, e si resta pervasi da un'indulgente lieve delusione.

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