Iniziò un agosto caldissimo a Los Angeles, era il 1981, e il mio amico Mud uscì di galera. Si era fatto un annetto, un residuo di pena per una vecchia faccenda delle sue, robe di droga, beninteso.

La galera gli aveva fatto bene. Era finalmente pulito e leggermente dimagrito. Un armadio di 150 chili, totalmente rasato, impossibile capire dove finiva il collo e iniziava la testa. Tutto il suo fisico, tra grasso, muscoli e tatuaggi, sembrava un'armatura per difendere e nascondere il suo grande segreto, le sue emozioni, come se le emozioni fossero qualcosa di cui vergognarsi.

Mi telefonò la mattina di ferragosto. Mi spiegò che in città suonava un tizio che era stato a San Quentin con lui. Non erano stati nella stessa cella, ma si incontravano nell'ora d'aria. Mi spiegò che era un tipo veramente tosto. Nell'ambiente di San Quentin questo Art Pepper era veramente famoso, ma anche fuori. In galera però era famoso per il suo curriculum penale. Una fila interminabile di reati di droga, ma non robe piccole, proprio traffici importanti (roba di cui andare fieri, secondo Mud beninteso). Poi c'era la musica. Nessuno ne capiva niente della musica che faceva Pepper, ma girava la voce che con il saxofono fosse veramente un boss.

Ma tu ci capisci qualcosa di jazz?

No, non l'ho mai sopportato. Tutte quelle note, non riesco a seguirlo per più di due minuti, mi da sui nervi. A me piacciono i Ramones. Accompagnami lo stesso. voglio sentire il mio compagno Art Pepper.

Anch'io ero curioso. Pepper era stato un vero protagonista del jazz californiano degli anni '50. Alcuni suoi dischi erano veramente imbattibili. Ricordo un disco fantastico intitolato "Art Pepper Meets The Rhythm Section" del '57, e poi un indimenticabile duetto con il collega Warne Marsh, sempre di quegli anni. Poi era finito risucchiato nella spirale della tossicodipendenza. Era ritornato alla ribalta alla fine degli anni sessanta, però molto logorato dai suoi problemi personali. Ma Art Pepper era sempre un sassofonista stellare, qualcosa di meraviglioso nel suo animo di artista era rimasto intatto. Ti vengo a prendere alle 20, fatti trovare pronto.

Ci mise un'ora per scendere, così arrivammo al Maiden Voyage, un piccolo club che oggi non esiste più, che il concerto era già quasi finito. Ci mettemmo in un angolo con due boccali di birra.

Me lo ricordavo, Art Pepper, dalle copertine dei dischi degli anni '50. Era veramente cambiato in un modo impressionante. Sembrava distrutto. Mud pareva felice come un bambino sulle giostre, anche se era evidente che quel fiume di note di sassofono gli passavano due metri sopra la testa. Sorrideva perché rivedeva il suo compagno di galera. Era come se individuasse in Pepper dei simboli di riconoscimento tutti loro, che glielo rendevano famigliare. Quella camicia awaiana aperta sul petto, quei grandi occhiali da gangster su una faccia piena di segni, gli anelli, i tatuaggi. E poi non sembrava star bene, pallidissimo, un viso deturpato, inespressivo a causa di tutto quel metadone. Ma Mud sorrideva, come se vedesse suonare suo fratello.

A lato del piccolo palco notai una donna in piedi, attentissima. La moglie Laurie. Più che una moglie sembrava una badante.

Riuscimmo ad ascoltare metà di un brano. Poi scoprirò che era il penultimo pezzo del concerto di quella sera, intitolato Roadgame. Suonava il sax alto e il clarinetto, accompagnato da un bravissimo pianista (George Cables), un bassista (David Williams) e un batterista (Carl Burnett).

Non avevo mai sentito suonare il jazz in quel modo. Anche la sua musica, oltre al suo aspetto, mi comunicava che era un uomo distrutto. Il suo fraseggio di sax. Come spiegarvelo? Immaginatevi come una persona a cui non funziona più la testa, che vi sta parlando. Un eloquio fittissimo di tante parole rapide, ma nessun discorso di senso compiuto. Dice una cosa, poi inizia una subordinata che però diventa principale cosicché il discorso iniziale s'è smarrito, poi ancora divagazioni, interruzioni, riprese di un concetto precedente, ma dinuovo una subordinata che si perde. Immaginatevi quella persona che vi parla in quel modo: avete perso totalmente l'orientamento e il senso logico del discorso.

Eppure alla fine accade il miracolo. Non avete compreso il contenuto logico del discorso, eppure con tutte quelle parole, quella persona vi ha perfettamente comunicato un'emozione. E questo lo ha fatto con una chiarezza e una precisione impeccabili. Non è forse un miracolo?

Pepper introdusse quello che doveva essere il brano di chiusura della serata, Everything Happens To Me, uno standard lento e intenso. Dopo un minuto del suo assolo mi scoprii profondamente emozionato. Ma era Mud il vero spettacolo. La musica questa volta aveva abbassato il tiro e sembrava coglierlo in pieno. Aveva la bocca serrata, un'aria tesa, come se stesse spingendo una porta nel tentativo di impedire a qualcuno di entrare.

Alla fine, quando Pepper abbassò il sax cedendo lo spazio al pianoforte, Mud era sudato e aveva gli occhi lucidissimi. Mi sussurrò qualcosa all'orecchio, ma balbettava. Credo che si fosse commosso. Mud commosso, vi assicuro che se non avessi avuto anch'io quel nodo in gola sarei scoppiato a ridere. Mi sembrò che avesse detto che era la cosa più bella che avesse mai sentito nella sua vita, ma non ne sono sicurissimo.

Terminato il concerto Mud volle andare a salutare il suo compagno di galera. I due si riconobbero. Mud abbracciò Pepper in modo che questi, per un attimo, scomparve alla vista, la moglie, preoccupata, stava quasi per intervenire a separarli come un arbitro di pugilato. Si misero in un angolo a parlare fitto tra loro. Io e Laurie rimanemmo in disparte, due estranei con un mezzo sorriso di imbarazzo.

Poi si salutarono. Laurie prese il marito per mano e si allontanarono come madre e figlio. Io e Mud uscimmo a cercare la macchina. Mai avevo visto Mud così. Sembrava che avesse incontrato, per un attimo, l'amore della sua vita, che non aveva mai avuto.

Art Pepper morì l'anno successivo. Ovviamente accompagnai Mud al funerale. Di nuovo rividi quella bocca serrata, come di chi spinge una porta per impedire a qualcuno di entrare.

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