A quasi cinque anni di distanza da "Arena" e dagli "Archiva"s, Geoff Downes e John Payne si ritrovano per un altro disco; reclutano un esercito di session men, tra i quali i formers-fondatori Carl Palmer e Steve Howe, e, senza peraltro coinvolgerli nel processo creativo, partoriscono "Aura", il disco più singolare della loro discografia.

Particolare perché quasi interamente composto da ballads, quasi del tutto privo di sonorità e schemi AOR, con pochissimi episodi dal sapore Arena, e con tastiere che, se non sempre suonano al passo coi tempi (e qui siamo nel 2001), perlomeno non sono le sguaiate, plasticose, tonnellate di keys di sempre.

Una musica spaziale, in cui i tasti di Downes servono per far calare l'atmosfera e per dar maggior respiro ai brani, mentre la vocalità da superdotato di John Payne si cimenta con acuti e falsetti: non te lo saresti aspettato, un Payne così delicato e fine, ma questo signore sa far tutto.

E' uno Star Wars pop, quello che si può ascoltare: pop-rock leggero di buona fattura, reso cosmico da Downes e dai tipici Asia-cori. Velata di Arena solo l'iniziale "Awake", mentre "The Longest Night" è l'unico vero episodio AOR, tra l'altro una powerballad. L'unico vero pomp rock pesante e puro è l'incalzante e riuscitissima (cosa rara, per gli Asia) "Free", che tra decelerazioni, accelerazioni e l'inconfondibile apporto di Steve Howe, arriva a sfiorare in più momenti il confine con la Yessong.

Dato che le atmosfere ricreate sono pressoché simili tra di loro, e che le tastiere di Buggle Downes sono pressoché "astrali" ed "incorporee", prive dunque di sangue e muscoli, "Aura" rischia d'apparire un pò soporifero, soprattutto se l'ascolto è superficiale-distratto. Ma ad un ascolto che più sa di cimento o d'immersione, presto ci si rende conto d'avere a che fare con un lavoro di canzoni che vanno dal decente a salire. Senza episodi clamorosamente superiori, ma neppure cadute (a peso morto) di stile.

Un disco di coerenza, finalmente dimostrazione di quanto bene questi artigiani sappiano fare il proprio mestiere. Resta da chiedersi come mai (quasi) solo ballads... Che si fossero finalmente resi conto che i loro Aor erano finiti fuori dal tempo? Che i signori, oramai inevitabilmente attempati, non avessero più voglia di cazzeggiare con l'FM (e trovatemi in giro una radio che metta quel tipo di musica!) o di "battagliare" col pomp rock? O, più semplicemente, l'inevitabile inaridimento creativo (o gli esiti nefasti, a livello e qualitativo e di vendite, della maggior parte dei loro dischi) ha suggerito loro di mantenersi sui fidati selciati del pop rock d'autore? Fatto sta che "Aura", del 2001, è un lavoro molto ben riuscito. Su cosa contenga, in fondo, è vano discutere: ognuno fa quel che sa far meglio. O quel che più conviene.

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