In una landa desolata il silenzio viene spezzato da urla disumane e disperate, è l'ultimo uomo sulla terra, l'ultimo sopravvissuto alla devastazione dell'apocalisse, le urla diventano da disperate a furiose e ringhianti e la musica adatta a questo scenario di morte non può essere che questo disco, uno di quelli più violenti e destabilizzanti che il metal abbia mai partorito.

Un raggelante e mastodontico muro sonoro creato da chitarre, batteria, basso e i ringhi agonici e strazianti di Van Drunen, quasi impossibile descrivere la ferocia e la pura e primitiva mole di violenza riversata dagli Asphyx in questo loro secondo album. Le ritmiche si snodano tra mid-tempo, parti rallentate che si gonfiano fino ad esplodere nel classico up-tempo veloce ma non fulmineo, ma per questa band la velocità d'esecuzione non è mai stata uno degli elementi principali, il creare vere e proprie atmosfere catacombali e raggiungere nuove vette di potenza senza fronzoli in modo ultra-violento e mai tecnico per sfociare nel puro death metal, questi gli obbiettivi (pienamente centrati) degli Asphyx.

In tutte le 8 tracce del disco si respira l'opprimente e asfissiante aria di morte, con un lacerante, disturbante e incredibilmente rumoroso lavoro chitarristico che sorregge tutta l'opera con riff pachidermici e morbosi facendo andare in estasi l'ascoltatore, che per addentrarsi in un opera del genere deve essere già abbastanza ferrato sul death visto che rischierebbe di schiacciare il tasto stop già dopo le prime soffocanti note dell'opener.

Primordiale, devastante,  malato, profondamente rumoroso e veramente soffocante, in quest'opera si avverte chiaramente una natura contraria all'essere umano. Nella landa oscura l'ultimo uomo rimasto urlava e malediva il plumbeo cielo per essere rimasto solo a combattere contro la morte, che sempre più da vicino lo fissava.

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