Caro Carlos, hai vinto tu.

Mi ero infatti ripromesso di non scrivere più su questo sito, ma dopo aver visto che la mia ultima fatica risale a quasi un anno e mezzo fa, non ho davvero saputo resistere alla matta tentazione di tornare a tirare una zampata. E allora, se "ritorno" deve essere, per quanto fugace, meglio affidarsi al più intrigante tra i miei progetti un tempo attivi, e poi tralasciati.

In realtà, più che descrivere, stavolta vorrei proporre, anche perché parlare nel dettaglio di questo disco è impresa ardua, se non impossibile. Provo a partire dalle basi: si chiama "Atomsmasher", proprio come il gruppo, e contiene un brano, "Phantomsmasher", che sarebbe poi diventato sia il nuovo nome del collettivo, sia il titolo dell'album a seguire. Insomma, già qui cominciano i bei casini. Ma pazienza, perché alla guida di questo trio di maniaci sonici c'è il signor James Plotkin, a me ben noto per il suo splendido lavoro coi fantastici O.L.D. E come LeBron quando cambia maglia, il buon Plotkin si fa sempre lo squadrone: in questo caso, alla "voce" troviamo Dj Speedranch, già sentito, se non vado errato, sull'assurdo "ANbRX"; dietro le pelli c'è invece Dave Witte, visto, tra gli altri, nei Municipal Waste e nei terrificanti, nel senso buono (buono?), Discordance Axis. Di tutto il resto si occupa Mr. Plotkin, che pure ha preso parte a "ANbRX" e pubblica questo disco con la stessa etichetta, la mitica Hydra Head, casa dolce casa, tra gli altri, degli Agoraphobic Nosebleed, dei Khanate (sempre di Plotkin) e di tali Jesu...

Le premesse, insomma, sono succulente a dir poco. E il disco? Il disco non vi resta che assaggiarlo. Sono 40 minuti scarsi di follia pura, ma in qualche modo controllata; se riuscirete a sopravvivere alla scarica di mitra e alle urla da alienato che danno il la a tutto questo, potreste aver incontrato un'opera in grado di ricompensarvi come meritate. La prima traccia è in questo senso quasi un compendio: un cybergrind feroce contrappuntato dai vocalizzi di un pazzoide, immerso in un sordido oceano di rumori stordenti e distorsioni grottesche... che però, quando meno te l'aspetti, ti piazza lì, in questo brano, ciò che azzardo chiamare un "tocco di jazz". Roba per malati, ma di classe.

Ogni titolo dei pezzi è fedelmente rispecchiato dalla musica: in "Zanzibar" si tocca con mano il crogiolo di etnie e la frenesia degli scambi mercantili dell'isola a lungo rimasta ponte tra Oriente e Africa. "Gilgamesh" costruisce in mezzo al suo delirio un'atmosfera epica e ieratica dove naufragare, con un finale a due accordi che è la fine del mondo. Ma è inutile che continui, non è così che si rende giustizia a un disco del genere: vi basti sapere che la seconda metà è ancora più folle della prima, e, quando decide di respirare, ancora più sognante, visionaria e surreale. Alla fine, poi, potrete anche sentire i versi soddisfatti di un gruppo di Pokémon di ultima generazione. Sapete come si chiama il brano? "Pokémon Gangbang". Plotkin, qui lo dico e qui lo nego, non è normale.

Mi avvio dunque alla conclusione: non ho altro da fare che invitarvi a cliccare qui per vivere una lunga esperienza sonica che lascia sfibrati ma stupefatti, e in fondo non richiede parole, ma solo un po'di dedizione e, soprattutto, gioia di ascoltare.

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