Strana creatura questi Atrocity, combo tedesco attivo ormai dalla seconda metà degli anni ottanta (se non ricordo male l'unico demo "Instigators" è datato 1988, mentre la prima vera pubblicazione su label discografica, Nuclear Blast of course, risale al 1989 con l'Ep intitolato "Blue Blood") che presenta un inizio carriera particolarmente "serioso", death metal alquanto elaborato e variegato (qualcuno potrebbe anche affermare che siamo di fronte ad una sorta di techno death, ovviamente non paragonabile ad Atheist o Cynic ma non troppo distante dai Death di "Human"), pubblicando, e mi sembra il primo caso nel metal estremo, ben 3 concept album, uno per ogni album dal 1990 fino al 1994: "Hallucination" ('90), storia ed orrori quotidiani di una ragazza tossicodipendente, "Todessehnsucht" ('92), spleen di stampo teutonico e "Blut" ('94), incentrato sulla valenza del sangue e vampirismo in genere.
Dopo tutto ciò, la svolta che ha fatto perdere molto seguito al gruppo e anche una certa fiducia sulla sincerità della loro proposta: collaborazioni con nomi noti ed apprezzati nell'ambito Ebm/electro dark (Das Ich su tutti), riesumazioni di hit pop anni '80 (neanche male), una serie di album dove la giusta ispirazione si perse dietro a scelte alquanto discutibili.
Il full lenght preso in esame quest'oggi è il già citato "Todessehnsucht", che senza ombra di dubbio, visto il periodo storico in cui è stato prodotto, rappresenta la massima espressione artistica dell'act teutonico. Come già accennato, le liriche si basano su un concept un po' ostico da traslare (infatti alcune edizioni riportano come titolo "Longing for death" che altro non è che un tentativo approssimativo di traduzione di "Todessehnsucht"): in lingua germanica sehnsucht è una parola-chiave che incarna un concetto tipico della cultura romantica non traducibile in italiano. In soldoni indica l'anelito verso qualcosa di inattingibile, una sensazione a metà strada tra la nostalgia e il desiderio (in questo caso di morte, "Tod" appunto) concetti che le liriche del singer e mastermind Alex Krull riescono in una qualche maniera a far riaffiorare, specialmente in song come "Godless Years ", "Sky Turned Red" e "A Prison Called Earth".
Per quanto concerne il lato strumentale, beh, siamo di fronte ad una delle massime espressioni di death metal old style di stampo europeo: notevole preparazione tecnica, ricerca di partiture originali, un'abbondante dose di follia/ferocia ed addirittura echi wagneriani come nella introduttiva title track, nell'overture del lato B del vinile, intitolata appunto "Introduction" e più in generale sparsi in piccole ma significative dosi per tutto l'arco dell'intero lavoro.
I cambi di riff/tempo sono all'ordine del giorno in song come ad esempio "Necropolis" o nella già citata "Sky Turned Red", mentre la furia e la violenza di accellerazioni mozzafiato (beatblast e quant'altro) rende songs come "Unspoken names" o "Triumph At dawn" (che ricorda un po' i Morbid Angel dei tempi migliori) dei veri tritaossa. Vi è anche da dire che i nostri hanno sempre pagato un certo dazio al loro amore per i Death del compianto (....mai troppo) Chuck Schuldiner, tant'è che come bonus track dell'album vi è una versione infuocata e rivisitata di "Archangel", cover di un antico pezzo dei floridiani.
Unici punti deboli, a mio avviso la produzione, molto sui medi, che tende un po' ad impastare i suoni delle chitarre, risultando però accettabile per le componenti ritmiche (batteria e basso), e la voce: il grugnito gutturale mai troppo estremo di Alex Krull non mi ha mai entusismato più di tanto, risultanto alla fine abbastanza monocorde, non riuscendo in modo consono a sottolineare i pur interessanti testi.
Ad ogni modo un full lenght a mio parere assai valido che merita di essere riscoperto.
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