August Burns Red: un nome che per molti non significa proprio una mazza ma che per tanti impersona la punta di diamante di un'intera scena, e che ridendo e scherzando, vanta già una innumerevole serie di gruppi clone rimasti folgorati dalla proposta solo apparentemente obsoleta del gruppo, uno su tutti, i connazionali Texas In July, per niente infastiditi a quanto pare di aver copiato sia il sound che l’idea del monicker (un prossimo gruppo con "June" nel nome ed il trio del Metalcore estivo è presto fatto).
Dopo un dignitoso debutto, quel "Thrill Seeker" che vanta la presenza di Adam D. in veste di produttore e un secondo album di grande successo ma assolutamente non all'altezza dal punto di vista qualitativo, ossia "Messengers", eccoci in un batter d'occhio alle prese con un terzo disco, chiamato "Constellations", che a mio avviso rappresenta il tassello più importante della loro discografia. Come mai? Semplice: da una scialba Hardcore\Metal band con un'eccezionale sezione ritmica ma ben poca fantasia in termini di songwriting (il che significa arrangiamenti inconcludenti e un lavoro chitarristico fin troppo monocorde e al limite dell’auto citazionismo) siamo arrivati ad un gruppo ben più coeso, rodato e cosciente dei propri mezzi e quindi perfettamente in grado di osare (ma neanche troppo) dal punto di vista compositivo. E se quelli che sono i palesi difetti della formazione tuttora rimangono ben presenti (tanti sono i passaggi fini a sè stessi e ancora di più gli episodi che passano inosservati o si "ingolfano" dopo poco, per esempio, "Mariana's Trench") il disco possiede senz'ombra di dubbio le migliori canzoni finora scritte dalla band, tra cui le micidiali “Meddler”, “Thirty and Seven”, “White Washed” e l’eccezionale “Crusades” posta a chiusura della tracklist. Ed è appunto quest'ultimo pezzo ad incarnare tutte le qualità che un gruppo come gli August Burns Red oggi è in grado di manifestare: tecnica ma non tracotante, splendidamente arrangiata, "heavy" e melodica allo stesso tempo, e se ci mettiamo poi un testo decisamente sopra la media non possiamo altro che definirla un piccolo capolavoro, che fa ben sperare per un ulteriore miglioramento in futuro.
Tirando le somme, “Constellations” non sarà un capolavoro che cambierà la storia del genere né tantomeno un disco da comprare a scatola chiusa senza prima un ascolto approfondito, ma non direi una panzana affermando che si tratta di una bella sorpresa per chi (pochissimi, a dir la verità) avevano notato dei preoccupanti segni di stanchezza nell’album precedente, quel “Messengers” così universalmente lodato, e seppur un tantino sopravvalutati, gli ABR dimostrano di essere un gruppo reale e non una macchina “sforna breakdown” come tanto sembrava. Non saranno ancora una farfalla, ma la crisalide oggi si ben distingue da quello che prima era soltanto un bozzo.
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