Da Israele a New York, divide il palco insieme a volti storici del jazz come Chick Corea, Herbie Hancock, Bobby McFerrin e Roy Hargrove ammaliandoli col talento puro ed una tecnica impressionante al suono del contrabbasso e basso elettrico. Nell'arco dello stesso decennio produce da sé ben otto dischi, consegnando prove di geniale intuito compositivo tanto da farsi marcare dalla rivista Down Beat come "autentico visionario del jazz". Appena quattro righe di curriculum dal valore enciclopedico; questo è Avishai Cohen.

E senza ulteriori giri di parole, "Gently Disturbed" è un disco straordinario nell'accezione pura e semplice del termine; la traduzione scritta di un modo di intendere la musica fuori dal comune. Nulla di più lontano dal repertorio standard del jazz nella formula a trio piano-basso-batteria. La magia di Avishai Cohen è tutta qui. La predilezione per rocambolanti incastri ritmici a partire dalla scomposizione del suono in unità ritmiche divise, che prendono corpo e voce per gradi, come cellule di note che da goccia su goccia si fanno pioggia. Ogni singolo brano mantiene la liquidità rarefatta, il senso di improvvisazione e la dispersione propria del jazz in un flusso continuo fatto di cambi di intensità, colore e tono. Eppure è un disco matematico, organizzato e preciso nel percuotere onde di suono centripete uguali a se stesse ma sempre diverse, nuove, aggiunte una sull'altra. Sfiora il "punk jazz" di Jaco Pastorius con la spinta dura e percussiva del basso, le strutture armoniche del piano che slittano tra Chick Corea ed il Philip Glass più bucolico ed una ammaliante scansione del tempo fatta di boleri ritmici della batteria dal carattere sottilmente flamencato ma capace di saltare appena sotto la battuta alla maniera del be-bop.

Come onde del mediterraneo sulle sponde di Manhattan.

Carico i commenti...  con calma