"Pinocchio" di Carlo Collodi (Ita) illustrato da Jacovitti (Ita). Prima Edizione pubblicata da AVE (1964), seconda e terza da Editrice Fratelli Spada (1969-1974), quarta da C.S.E.I. (1982), quinta da Editrice Fratelli Spada (1983), sesta, settima e ottava (1992, 2001, 2011) da Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri con postfazione a cura di Gianni Brunoro.

Sottile è il piacere di scrivere cose inutili: se da una parte spinge forzatamente ad un approccio laterale dall'altra, come novelli Stanley, costringe alla ricerca.

Nel caso specifico di ricerca dell'inutilità trattasi e da ogni parte la si veda non sembra esistere una via di scampo all'interno della giungla del già detto: di Collodi sono piene le pagine (di carta e digitali), lo stesso della sua creatura prediletta che vanta almeno 90 versioni (tra quelle illustrate, "fumettate",musicali, in celluloide, teatrali etc) e fiumi d'inchiostro (anche metaforico) di commenti vari sulla sua valenza pedagogica e satirica. Persino DeBaser vanta un'interessante archivio a riguardo

Ovviamente lo stesso discorso vale per il comprimario (di lusso) Jacovitti (una DeRecensione) e, anche se volessimo andare a fare le pulci, il tris Collodi/Burattino/Jac è già stato esaurientemente trattato (per esempio in questa elegante pagina viene approfondito il legame, stretto, che Jacovitti ha tessuto con Pinocchio) in lungo e largo.

Nonostante ciò la voluttà (2) di cui parlavo sopra mi spinge (oltre a passare lunghi pomeriggi invernali dentro ad affollati Caffè, scaldandosi il cuore e le mani con fumanti tazze di tè, parlando di cose semplici e banali, favole, illustrazioni e fumetti fan parte della lista, insieme a Calcio, Rugby, Hockey, Football Americano e Basket ovviamente) nell'impresa di sussurrare ciò che probabilmente saprete già e comunque siamo su DeBaser e, ricordo ancora una volta a tutti che, "Ciascuno deve trovare ciò che vuole, anche con feticismo, anche come un lurido voyeur, come il più gretto dei guardoni di anime. Ma anche no."

Non voglio addentrarmi sul romanzo in se (dico solo che come tutti i bambini trovavo insopportabile il Grillo Parlante e stimavo Lucignolo) ma voglio soffermarmi sull'iconografia nata dall'opera di Collodi. Credo che la maggior parte dei bambini italiani siano cresciuti con le versioni di Mazzanti, Mussino o di Chiostri: la prima probabilmente è diventata il prototipo dell'illustrazione per libri per ragazzi, le altre due splendide per richiami più pittorici che non da illustrazione "classica", ad ogni modo tutte e tre epocali  considerando che vengono usate (e sono di riferimento nel proprio genere) tuttora nonostante la più "giovane" abbia 100 anni. Oltre a queste vanno aggiunte la trasposizione televisiva di Comencini che, nel bene (il Gatto e la Volpe) o nel male (la Fata Turchina), ha lasciato un importante segno (non solo televisivo) nella cultura (popolare e non) italiana e quella disneyana a cui ad uno sforzo tecnico notevole per il tempo (1940) va addebitato il fatto che fuori dai patri confini ci sia un po' di confusione sulla trama dell'originale e che (anche dentro ai confini) si scambino pescecani per balene.   

Detto questo "Le Avventure di Pinocchio" sono la prova che se un qualcosa è bello è difficile che le "cover" (a meno che non ci si metta proprio d'impegno: Benigni docet) siano proprio fetenti: se poi a cimentarsi nella fatica è uno come Jacovitti (per cui l'appellativo "genio" non è, per una volta, abusato) il risultato non può che essere notevole. In realtà si deve parlare di risultati perché Jac ha incrociato la strada del burattino ben tre volte (in realtà per i puristi son quattro ma noi non siam così certosini): due come illustratore (attività in cui l'autore di Termoli è ingiustamente sottovalutato) e una come autore di una versione a fumetti (anche se a dire il vero  più che balloons si trattava di didascalie). Le prime due versioni (una delle illustrate, pubblicata dall'Editrice "La Scuola", del '45 e quella a fumetti", per "Il_Vittorioso", tra il  '46  e  il '47) sono sicuramente notevoli per tecnica, tratto e visione innovativa e personale (considerando che il maestro era ancora giovane) e pur essendo molto diverse tra loro ("classicheggiante" la prima, quasi "naif" la seconda) non hanno la carica immaginifica e provocatoria che sarebbe diventata il suo marchio di fabbrica.

La terza del '64 (oggetto della "recensione") che non è un fumetto ma una vera e propria versione illustrata, invece, vede un Jacovitti maturo e presenta un cocktail di personaggi, contorni e "bizzarrie"passate alla Storia. Siamo negli anni '60 e i riferimenti all'Italia di allora sono ben presenti ed evidenti e l'autore molisano trasforma la Toscana (ambientazione originale) nello Stivale del Boom, della televisione ma anche dei  1000 campanili, delle ancor evidenti arretratezze (non che ora...) e della voglia di un "mondo nuovo" (un po' America, un po' Unione Sovietica) del periodo. Nonostante questo senza travisare troppo lo spirito pedagogico del romanzo anzi rafforzandone la carica istrionica e satirica.

Certo, chi già conosce lo Jacovitti "classico" non troverà nulla di nuovo (per questo meglio cercare le altre due versioni che, con un po' di fatica, ancor si trovano) ma una "visione" differente di un "classico", nata dalla fantasia di un grande che incrocia quella di un altro, si: oltre ad un formidabile confronto storico tra due Italie non così poi "lontane".

Nella mia ultima escursione in una libreria di grande distribuzione il "volumone" costava 26 euri: potrebbe essere un bel regalo per i piccini (ma anche per i grandi) a voi più prossimi.

Purtroppo non son riuscito a completare questa recensione per il 13 Dicembre ma avete sempre a disposizione il 25 (o il 6 Gennaio)

Buona Santa Lucia (in ritardo ma sempre di cuore) e non confondete pescecani con balene, mi raccomando...

C.G. (Girlanachronism) 

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