Benny Goodman è stato un magnifico clarinettista jazz, dalle sonorità swing impertinenti e dalle orcherstazioni classiche sempre coinvolgenti. Non si legge solo sapienza e tecnica nella sua musica, ma voglia di sperimentare, incrociare suoni e sonorità diverse e sviluppare un personalissimo ed emozionante stile.

Non c'è mai, nemmeno nelle ballad più intime, un filo di sofferenza, ma si percepisce una grande gioia ed un frizzante stile compositivo. I posteri gli hanno attribuito etichettature importanti, quali "re dello swing". Goodman osò, negli anni '30, diffondere la sua musica in Band miste, neri e bianchi, ed eseguire indimenticabili commistioni di generi quali la black music a parentesi classicheggianti. Famoso per le sue big band ebbe una carriera discografica che durò poco più di vent'anni.

"Stompin at the Savoy" è un live del 1935 (riproposto dalla Bluebird, 1992) che contiene quella che è per me una delle chiavi di lettura jazz swing più emozionanti di sempre.

La prima volta che udii "Sing, Sing, Sing", contenuta in questo splendido lavoro, fu durante la proiezione di "Harry a Pezzi" di Woody Allen. Il regista newyorkese utilizzò questo brano come sottofondo alle ambientazioni infernali da lui proposte nella pellicola. Il pezzo è realmente indiavolato e suggestivo, con percussioni profonde ed inquietanti e credo renda perfettamente in termini di ambientazione. Non sono da meno le jazzate e bandistiche ambientazioni swing di "King Porter Stomp" le cui vibrazioni positive lasciano il segno. Goodman sa essere romantico e riflessivo in pezzi come "Goodbye" tanto adatto ad ambientazioni malinconiche e di solitudine per film in bianco e nero che dipingono un'immagine che appartiene solo al passato. Vibrante e festoso lo swing di "Goody Goody", uno dei pochi pezzi con voce, che non tradisce comunque le propensioni orchestrali di Goodman. Anche "Stompin at the Savoy" è stata ripresa da Allen per "Criminali da Strapazzo" ed ha un effetto magico e sornione in un complesso di fiati che rendono il suono caldo ed amichevole.

"This Fooling Things Remind Me of You" è una tipica ballad che incontra le esigenze di più generi e culla soavemente come lo sciabordio del mare. "Bugle Call Rag" è quasi una parodia del militarismo ed è uno dei primi grandi esempi di campionamento esistenti. Il suond è particolarmente jazzato e frizzante. Con "Goodnight my Love" si varcano i confini del sound morbido e leggero che incarna lo spirito romantico di quegli anni. "Don't be That Way" ha un apporto di sax tenore intenso, ad accompagnare le prestazioni "free" del buon Goodman. "One O'Clock Jump" prevede un salooniano pianismo, sempre di natura swingante.

Un album piacevolissimo, di buona qualità. Un salto negli anni ‘30, al loro sapore romantico e spontaneo, alle impronte di una musica che avvicina, viaggia e riempie locali, che fa parlare di se e sfonda tutte quelle porte "sociali" chiuse che nessuno avrebbe pensato di aprire, che produce storia e cultura e che dietro ad ogni brano conserva un piccolo aneddoto.

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