Alla base del film c'è una commedia di grande successo, The Front page, di Ben Hecht e Charles MacArthur, un classico degli adattamenti cinematografici: se ne contano almeno quattro, compreso uno, davvero eccezionale, di Howard Hawks (La signora del venerdì, del 1940) dove il protagonista Hildy Johnson diventa una donna, interpretata da Rosalind Russell e affiancata da Cary Grant.

La versione che è unanimemente considerata migliore è comunque quella del 1974, realizzata da Billy Wilder e interpretata dalla coppia d'assi Jack Lemmon e Walther Matthau, dove Hildy  torna ad essere un uomo, senza peraltro stemperare troppo quella tensione (omo)sessuale fra i due caratteri principali che già era stata intuita da Hawks (ed esplicitata nel cambio di sesso del protagonista).

Il plot è bizzarro e paradossale, ruota attorno al brillante cronista Hildy che, alla vigilia delle nozze, è coinvolto dal direttore del giornale, il burbero Walter Burns, nella cronaca di un'esecuzione capitale. Burns, che non vuole perdere il suo giornalista migliore, combina ogni intrigo possibile per impedire a Hildy di sposarsi, e la situazione si complica ulteriormente quando il condannato a morte Earl Williams evade e va a nascondersi proprio nella sala stampa della prigione...

Satira del giornalismo, del potere, delle istituzioni repressive, Prima pagina cela dietro la comicità (assolutamente irresistibile) dell'impianto narrativo una cupezza di fondo che il regista - da sempre spietato osservatore della società americana - accentua con una serie di notazioni fortemente pessimistiche sui rapporti tra media, polizia, potere politico. L'approccio sarcastico e demistificatorio del resto è sempre stata la caratteristica più evidente, e più scomoda, del mitteleuropeo Wilder. Qui pochi personaggi si salvano. Non il sindaco, pronto a sfruttare l'esecuzione capitale per meri scopi elettorali. Non lo sceriffo, corrotto e incompetente. Non i giornalisti, bersaglio privilegiato della satira wilderiana fin dai tempi de L'asso nella manica (1950), qui rappresentati come ciniche arpie prive di qualunque rispetto per il prossimo e ben esemplificati dal rapace e misantropo Walter Burns.

Uniche figure positive, benché misere e un po' patetiche, sono lo sprovveduto poveraccio Earl Williams e la prostituta Molly, innamorata di lui e disposta quasi a rischiare il suicidio per salvarlo.

Film satirico e amaro, dunque. Ma allo stesso tempo gioco, scherzo, divertimento sopraffino, meccanismo narrativo condotto con quel tocco pulito, limpido, impeccabile (o, più semplicemente, classico) che è proprio dei grandi cineasti della vecchia scuola hollywoodiana, e che nel marasma innovativo della New Hollywood anni settanta rischiava semmai di apparire datato: e del resto era dai tempi di Irma la dolce (1963) che i film del grande Billy, anche quelli veramente eccellenti, non godevano più dei favori di pubblico e critica.

Qui tutto concorre a creare un risultato di livello altissimo: la regia accorta e sapientemente "invisibile", lo sfruttamento funzionale dell'unità di luogo derivante dall'origine teatrale (il film è praticamente tutto ambientato in un'unica stanza, la sala stampa del carcere), il ritmo magistralmente calibrato. Con almeno due componenti che rasentano la perfezione: la sceneggiatura di ferro (una raffica di battute spesso indimenticabili scritte in coppia col fido I.A.L. Diamond), e l'interpretazione di un attore grandioso e istrionico come Walther Matthau.
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