Storia di violenza, sudore e...timidezza.

Arrivo in una Trento dall'umidità tropicale poco dopo le 19. C'è stato un temporale, e l'acqua evapora dall'asfalto creando un caldo atroce. Sono davanti a una piccola casa nascosta da alberi, è questo il posto dove si terrà il concerto. Sono troppo in anticipo, come al mio solito. Non c'è ancora nessuno nei paraggi, solo alcuni ragazzi che fanno avanti e indietro per portare la strumentazione dal loro furgone fin dentro alla sala. Sono i Birds In Row. Mi avvicino, riconosco Bart, il leader della band, e vincendo la mia timidezza esagerata chiedo se posso aiutarli in qualche modo. Mercì, mi fa lui sorridendo. Porto dentro i cavalletti per i microfoni, un sgabello per il batterista, un amplificatore piccolo.

I due ragazzi che hanno organizzato la serata hanno portato cibo e acqua, così mangio con loro e con tutte e due le band ospiti. Gli Iron, svedesi tutti biondi e tatuati sono simpatici, ridono e scherzano con noi. I Birds In Row, francesi e più riservati, ci raccontano delle loro prossime tappe in Germania e della loro prima volta in Asia, tra qualche settimana. Chiedo a Bart del disco nuovo, e ancora una volta ricacciandomi dentro la timidezza, gli dico che non vedo l'ora di sentire qualcosa di nuovo. Bart mi sorride ancora mentre mangia il suo cous-cous. Con la mano fa un gesto come dire "abbi pazienza". Ci stiamo lavorando, siamo perfezionisti e vogliamo che i pezzi nuovi siano perfetti. Presto faremo sapere qualcosa, mi dice. Se il suo "presto" significhi 10 giorni o 2 anni non l'ho capito, e forse nemmeno lui lo sa ancora. Non ci resta che aspettare.

Poco prima delle 20 comincia ad arrivare gente. La sala si riempie velocemente, ci saranno settanta, ottanta persone al massimo. Un ragazzo dall'aria timida e quasi impacciata si piazza davanti a tutti noi, con una chitarra acustica. Si chiama Quentin Sauvé, è il nuovo bassista dei Birds In Row. Suono le mie canzoni live per la prima volta qui stasera, dice un po' imbarazzato. E inizia a cantare. Sono tre magnifiche canzoni acustiche, dolci e rabbiose allo stesso tempo. Sono brani molto personali e introspettivi, parlano di lui, e lui le suona con una passione e una forza da brividi. Tutti applaudono alla fine, lui ringrazia e se ne va, timidamente com'era arrivato.

Lo show degli Iron è infuocato. Hardcore old-school che si fonde con lo screamo. Violenza e testi profondissimi che toccano argomenti come la discriminazione sessuale, la politica, la marcia società moderna. Il cantante, Thomas Rosén emana una potenza che arriva addosso violenta anche a noi, che siamo lì ad ascoltarlo intorno a lui. Sono bravi, questi Iron, e nella mezz'ora in cui suonano tutti sentono che hanno talento, che ci sanno fare. Stremati e sudatissimi, il cantante (in mutande per tutto il tempo) ci ringrazia in italiano, ci dice che siamo stati grandiosi.

Tempo di prendere una boccata d'aria e far asciugare leggermente le magliette fradicie ed ecco il momento che tutti aspettavamo. Il live dei Birds In Row. Attaccano con "Pilori", un classico ormai. Quando arriva il "bastard, fucking bastard!!" tutti lo gridano in coro, e iniziano a pogare. Come al solito, sono lì che osservo, e mi chiedo se buttarmi nella mischia oppure restare in disparte. Fottuta timidezza. Mi butto, salto addosso agli altri che mi saltano addosso, spingo e mi diverto che non facevo da troppo tempo. Con "There Is Only One Chair In This Room" e "Cages", due pezzi brutali e bellissimi estratti dal loro album del 2012 "You, Me & The Violence" la sala pare esplodere. Sudore, stage diving, ritmo forsennato e un caldo da morire. Arrivano poi le epiche "Colossus" (forse il mio brano preferito in assoluto della band) e la successiva "Word Of Astaroth", che fanno tremare i muri della sala e anche delle case attorno. Una bomba. Ci sono due brani nuovi ora, e tutti si fermano per ascoltarli, siamo eccitati, contenti di sentirli. E come da previsione, sono bellissimi. Non ricordo i titoli, non ricordo le parole (l'acustica non era delle migliori), ma vi garantisco che sono stati due brani pazzeschi. Quando verranno pubblicati su disco ci sarà da leccarsi i baffi. Prima di concludere c'è ancora spazio per i brividi, per le emozioni forti. "A Kid Called Dreamer" è eseguita alla perfezione, meravigliosa e suggestiva. E poi, prima di tornare a casa, arriva un altro classico, un altra bomba: "You, Me & The Violence", che tutti cantiamo insieme, gridando a più non posso.

Sudati, stanchi, con le orecchie che ci fischiano. Così ce ne siamo andati via. E' stato un concerto piccolissimo, in un posto nascosto e sconosciuto, ma è stato uno dei concerti più belli a cui abbia partecipato. Ho tirato fuori il mio vero modo di essere, mi sono sentito libero, mi sono sentito me stesso. E sono tornato a casa con un sorriso stampato in faccia.

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