28 luglio 2008. Arena di verona. Ore 21:03
Dopo aver deliziato il pubblico impaziente con musichette tradizionali giapponesi, basi trip hop e strambi pezzi rock, ecco che finalmente la mia islandesina preferita è salita puntualissima sul palco, preceduta dalla sua banda di fiati islandesi.
Avvolta in un abito dorato e con i capelli cotonati, Bjork comincia a zampettare sulle note della piroettante "Earth Intruders". Il palco si irradia di luci e colori.
Il pubblico è in delirio e abbandona i posti a sedere per scatenersi nel ballo e magare insultare il responsabile della sicurezza che lo invita a risedersi.
Ma come fare a restare fermi se dopo "Earth Intruders" la splendida musicista islandese ti spiattella "Hunter" in una nuova e straordinaria veste carismatica?
Sensuale e morbosa, miss Gudmunsdottir sussurra e mette i brividi.
Tutti ne sono ipnotizzati, qualcuno balla, altri urlano, qualcuno applaude. Sorprendentemente magnfica.
E dopo l'oscurità ecco la luce con "Pagan Poetry", una carezza di una limpidità seducente. Il canto si fa sommesso e arioso. Ma è con la nuova veste di "Desired Constellation" che Bjork lascia senza fiato: smantella completamente l'originale del disco e la riempie di beats ed effetti elettronici. Un'interpretazione davvero superba.
Un inatteso medley tra "All Is Full Of Love" e "Domestica" si rivela sognante, dilatato ed etereo, ma allo stesso tempo graffiante. I furbi beats di Mark Bell si innescano come innocenti bombe ad orologeria pronte ad esplodere.
Il gruppo di fiati diventa davvero degno di nota nella splendida "Jòga", sostituendo con successo I meravigliosi archi che avevano donato la perla dell'intensità alla versione racchiusa in "Homogenic". I ritmi sono vulcani islandesi pronti all'eruzione e si mescolano abilmente con gli archi, come se la canzone si fosse trasformata in un autentico e avvincente puzzle sonoro. Esplodono con fervore e lasciano senza fiato. Ritmi che vengono tessuti con abilità su cui Bjork libera un'incredibile performance vocale, come se fosse uno scrigno di segreti.
Il pubblico ne è incantato.
"Vertebrae By Vertebrae" è devastante, apocalittica, splendida. Una delle migliori canzone di "Volta" viene resa ancora più potente dal vivo, con gli archi che si alzano in crescendo. Bjork è sommessa e la sua voce è tesa come una corda di violino.
"THE BEAST IS BACK!"
"Overture" spezza l'inquietudine del pezzo precedente e si rivela davvero emozionante. Manca Vincent Mendoza, è vero, ma i fiati islandesi rendono il pezzo più naif e seducente.
E se "Overture" è uno strumentale ricco di grazia e passione, ecco che Bjork ti sbatte in faccia una versione kamikaze di "Army Of Me": ancora più cattiva e incazzata di "Post" è un'esplosione di ritmi venuti da un altro mondo, su cui la ragazza mette alla prova la sua vocalità e le scopre indomabili. Emozionante e masochista allo stesso tempo.
Inattesa versione molto più calma della contaminatissima "I miss you", ripresentata come se fosse un'elegante pezzo in bilico tra trip hop e lounge, senza cadere nel patibolo dell'intellettuale.
Sorpresa è "Cover Me": più aliena e criptica dell'originale. Bjork dimostra di essere una bambina nel corpo di una donna ed ecco che zampetta per il palco come se fosse una tigre. Deliziosa.
"Wanderlust": immancabile. Non viene smontata e rimontata, ma viene presentata così com'è su "Volta", senza deludere. Bjork è un usignolo stuprato dai galoppanti ritmi Autechriani di Mark Bell.
Ma il capolavoro del concerto è un altro: "Hyperballad", completamente ritrasformata in una struggente esplosione di ritmi feroci ed abili. Il folletto invita il pubblico a cantare e scoppia a ridere, mettendo tanta tenerezza.
Ed ecco che alla fine del pezzo, l'Arena di Verona si è trasformata in un rave party.
Bjork balla come un'invasata, mentre Mark Bell si scatena con brandelli di suono che fanno ballare il pubblico fino allo svenimento. Fantasticosa, Mozzafiatante.
Ma non è finita: ancora danza in "Pluto", ancora più estrema dell'originale. Si tocca il vertice dell'hardcore e il pubblico gradisce...e non poco!
È il momento delle presentazioni: "My italian stinks..." sorride l'islandesina con timidezza ed ingenuità mentre presenta i suoi musicisti.
Beh...almeno "Grazie" e "Buona Sera" lì sa dire perfettamente, o quasi.
Non può essere finita, non può essere finita così presto.
Infatti, per fortuna, non lo è ancora.
Bjork regala ai fans altre due gemme: una sommessa versione di "Anchor Song" rivisitata con suadenti emozioni e voce flebile, metà in inglese e metà in islandese. I fiati rincorrono la voce dell'eterna bambina islandese e si intrecciano attorno ad essa.
Emozione pura, che esplode nella violenza sonora di "Declare Independence". Coriandoli vengono sparati sul pubblico, che si lascia trasportare nelle danze più selvagge.
Poi tutto finisce.
E Bjork sparisce con la stessa velocità con cui era saltellata sul palco, subito dopo un sonoro "Graziaaaaaaaa", festeggiato con i fragorosi applausi dei presenti.
Corto, ma intenso.
Bjork non smette mai di stupire.
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