Non dormiamo mai...
Sei lì nel tuo letto, a fissare il soffitto in attesa che arrivi. Ti volti, ti rivolti cercando il fresco del cuscino, cercando posizioni più comode.
Il sonno, a volte, può essere l'unico invitato desiderato che tarda a venire. E più lo attendi più sembra farsi beffa di te. L'orologio è il suo sinistro alleato: le ore trascorrono lentamente per poi accelerare di botto in prossimità dell'alba, quando lui è lì, maledetto, pronto per fare il suo ingresso trionfale.
Provi ad alzarti, a guardare un pò di televisione, a leggere qualcosa, ma la mente è come un fiume in piena, più cerchi di addormentarti più gli occhi sembrano aperti come quelli di un tossico in astinenza.
E quando finalmente si chiudono, quando la mente con i suoi pensieri ti abbandona... beh... allora è il momento che un altro giorno cominci, con le sue preoccupazioni, con i suoi problemi, con i suoi dilemmi.
Un'altra notte senza sonno, un altro giorno come fantasma di te stesso.
Trevor Reznik (Christian Bale) è uno spettro ambulante: da oltre un anno non dorme, dimagrisce a vista d'occhio, la sua resa sul lavoro è terribilmente calata. La mancanza di sonno gli causa allucinazioni, diventa un reietto, scacciato da tutti. Strani segni premonitori iniziano ad apparire: misteriosi post-it lasciati sul frigo da una mano sconosciuta; i sermoni del collega Ivan; una perenne sensazione di essere braccato, sottoposto a macchinazioni.
L'unico conforto sono la sua amante/prostituta Stevie (Jennifer Jason Leigh) e la cameriera di un bar notturno Marie (Aitana Sanchez Gijon).
A lui manca il sonno del giusto...
Fabbriche grasse, fuligginose. Cieli plumbei. Strade buie come la mente di Trevor. Questi sono gli scenari per questa produzione spagnola diretta da Brad Anderson. Christian Bale per vestire i risicati panni di Trevor Reznik metterà a dura prova la propria salute, dimagrendo in pochi mesi oltre 30 Kg, con una dieta da incubo fatta di mele e scatolette di tonno.
Lo sprofondare di Trevor, l'avvicinarsi a tappe alla terribile verità, viene narrato lentamente, come lento è il trascorrere della notte di un insonne. Nella sua mente vi è una zona completamente vuota, uno sconosciuto luogo in cui alberga quello che non si vuol vedere, quello a cui non si può credere. Trevor riacquista barlume della sua coscienza confondendo il reale e l'irreale, la certezza con l'allucinazione. Combatte una battaglia già persa contro il suo Io fantasma.
"The Machinist" fa parte di quel filone cinematografico che vede nel "Sesto Senso" di Shyamalan, in "Spider" di David Cronemberg e in "Fight Club" di Fincher i caposaldi del cosiddetto thriller psicologico o metafisico.
I fantasmi di Anderson non sono entità soprannaturali ma albergano nell'inconscio dello sfortunato protagonista e gli stessi prenderanno il sopravvento nel rocambolesco finale che capovolge la lettura interpretativa del film.
Pur non essendo esente da difetti, come i frequenti richiami alle succitate opere, il film di Anderson si caratterizza per un ritmo narrativo naturalmente lento ma non ridondante. La pregevole sceneggiatura di Scott Kosar ci delinea Trevor Reznik come vittima di se stesso, impossibile da redimere, mentre la fotografia ne accentua il carattere claustrofobico con utilizzo quasi esclusivamente del grigio e del nero.
Nei meandri della psiche umana. Flagellarsi per espiare...
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