Utopia e disincanto. Molte cose accadono, quando si viaggia; certezze, valori, sentimenti, aspettative che si perdono per strada [...] Altre cose, altri valori e sentimenti si trovano, s’incontrano, si raccattano per via. [...] Si scoprono, come in uno scavo archeologico, altri strati del reale, le possibilità concrete che non si sono materialmente realizzate ma esistevano e sopravvivono in brandelli dimenticati dalla corsa del tempo, in varchi ancora aperti, in stati ancora fluttuanti. [...] Il viaggio è anche una benevola noia, una protettrice insignificanza. L’avventura più rischiosa, difficile e seducente si svolge a casa; è là che si gioca la vita, la capacità o incapacità di amare e di costruire, di avere e dare felicità, di crescere con coraggio o rattrappirsi nella paura; è là che ci si mette a rischio. (Claudio Magris, "L'infinito viaggiare")
Una poetica del viaggio tradotta in musica. E’ questo il nucleo ispirativo di "Places", pregevole uscita del 2000 a firma del talentuosissimo pianista Brad Mehldau, efficacemente supportato dal contrabbasso di Larry Grenadier e dalla batteria di Jorge Rossy.
Dopo aver esplorato con successo i territori del piano trio in diversi episodi (significativamente battezzati appunto "Art Of The Trio"), e aver scritto una sontuosa pagina nell'antologia delle solo performance con il magnifico e celebratissimo "Elegiac Cycle", il paffuto ragazzo della Florida decide, all'alba del nuovo millennio, di unificare questi suoi due percorsi all'insegna di un nuovo impulso compositivo: accantonate temporaneamente le riletture degli standard e delle song favorite in altri ambiti musicali (Radiohead, Nick Drake etc.), infatti, Mehldau confeziona 13 inediti, parte per trio e parte per piano solo, intitolati ai luoghi e alle città da lui visitati nell'ultimo anno di tour.
I brani, come nel citato "Elegiac", sono organizzati in senso ciclico, in bilico tra andamenti sincopati carichi di swing e momenti di malinconica contemplazione, unificati dal comune denominatore di rappresentare, più che un diario di viaggio, un collage di momenti, sensazioni, umori, associati ai diversi "places" e filtrati attraverso lo schermo del ricordo e della nostalgia: lo stesso Brad, nelle copiose liner notes, invoca a riguardo la "Sensucht" di goethiana memoria.
Dal punto di vista prettamente musicale, la seducente alchimia sprigionantesi dalle 13 tracce è figlia di una formula azzeccatissima e irripetibile: un pianismo che miscela la spiccata sensibilità per la melodia cantabile di Bill Evans, l'estro di Thelonious Monk, il rigore formale di Keith Jarrett, con una solida e interiorizzata preparazione classica, i cui indicatori inequivocabili sono il ricorso alla ferrea disciplina contrappuntale e l'influenza indiscutibile dei Maestri del pianismo romantico, da Beethoven a Chopin, da Schumann a Liszt. Tutto questo si traduce in uno stile eccezionalmente immediato e intenso, essenziale ed elegantemente distaccato, a tratti perfino timido e stranito, con un uso della mano sinistra spregiudicato ai limiti del guascone. Mai indulgente, però, verso uno sterile virtuosismo, che pure è in grado di sfoggiare brillantemente, Mehldau sembra obbedire soltanto ad un insopprimibile istinto teso alla ricerca della massima qualità espressiva, attribuendo eguale importanza, nell'economia della composizione, tanto al suono quanto al silenzio. In questa temperie è il pianoforte di Brad che si erge a protagonista assoluto, rubando scena e spazi, e lasciando agli impeccabili Rossy e Grenadier un ruolo residuale di fine ricamo ritmico, prezioso e solidissimo, ma sostanzialmente subordinato.
L'album si apre con l'atmosfera metropolitana di "Los Angeles" , in trio, il cui andamento malinconico e sognante si risolve nella brillantezza dell'improvvisazione tastieristica; lo stesso tema viene ripreso e sviluppato dal piano solo, con metrica differente, in "Los Angeles II" , a metà album. Entrambi questi due episodi, poi, riappaiono nell'ultima traccia "Los Angeles (Reprise)" a suggellare il senso ciclico dell'intero lavoro, di cui costituiscono il tronco vertebrale e il principio unificante: la città degli angeli, dove Mehldau risiede, sembra quindi offrire all'artista una ispirazione non comprimibile in un unico brano, ponendosi coerentemente come punto di partenza, tappa intermedia e punto di arrivo del suo viaggio artistico e musicale, oltre che esistenziale.
A far da corona a questa terna portante, troviamo la veemenza ritmica di "Madrid" e di "Schloss Elmau", il valzer morbido di "West Hartford" (la città natale di Mehldau, nel Connecticut, che infonde al brano un clima di serenità intima e familiare), la rilassatezza e il senso di confidenza di "A Walk In The Park", brani tutti in trio, con i quali Brad sembra ripristinare l'atmosfera dei primissimi lavori.
Sicuramente più introspettivi e notturni sono, invece, i brani per piano solo. Se si eccettuano infatti le ipnotiche scale di "29 Palms", prevalgono toni delicati e contemplativi, come nella soffice "Am Zauberberg" . Incantevoli sono poi le miniature di "Paris", in equilibrio su tensioni emotive fortissime, di "Amsterdam", scanzonata e licenziosa, e, in sommo grado, di "Perugia": alla città che lo ha consacrato in diverse edizioni dell'Umbria Jazz, un riconoscente e commosso Mehldau dedica un quadro di austera, medievale severità e bellezza.
Un'ultima parola per il brano più particolare, "Airport Sadness". Se vi è mai capitato, di ritorno da un viaggio, di rimanere sdraiati sulle poltroncine di un aeroporto, in attesa del volo che vi riporta a casa, con in testa i fotogrammi dei giorni appena trascorsi, allora forse sarete stati preda di quella sensazione dolceamara di triste distacco da un luogo che, anche se per breve tempo, avete vissuto e amato; in quel momento l'imminenza del rientro nella realtà domestica, se da un lato vi conforta con la sua immagine calda e familiare, dall'altro spaventa e inquieta, nel richiamo alla tediosa routine, alle responsabilità quotidiane, ai problemi, alle speranze e alle illusioni. Qui, il piano di Brad Mehldau cattura questo lacerante flusso emotivo mettendo a fuoco la più nitida fotografia della vostra anima.
E voi desidererete di voler viaggiare ancora. E ancora. Con la musica di Brad Mehldau.
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