Essenziale. Il trio di Bud Powell, personaggio enigmatico e profeta del pianismo moderno, contava Ray Brown al contrabbasso e Max Roach alla batteria.
Jazz Giant è inciso tra il 1949 ed il 1950, 13 brani.
Powell possedeva la voce pura del bebop, come Parker e Gillespie, ma camminò sempre sull'orlo di un abisso, evocando torbidi paesaggi interiori allo stato grezzo in netto contrasto con la vitalità del sassofonista e sfrontata giovialità del trombettista.
Pupillo di Theolonius Monk, uomo che eccedeva con alcool e droghe, vittima di crisi mentali, ma con un grande, innato talento. Un virtuoso che una volta morto (1966), si lasciò alle spalle centinaia di discepoli.
Questo disco, appunto in trio, è uno strumento valido per scoprire l'essenza del piano jazz: immaginazione abbagliante, intensità drammatica, uso originale dell'armonia (appresa dal suo amico Monk), fraseggio più ispirato all'arpeggio e alle scale che alla melodia.
Certi standard come "All's God Chillun Got Rhythm" e "Sweet Georgia Brown" mostrano il suo lato più trascinante e, nel contempo, dolente. Le fugaci annotazioni della mano sinistra causano un inatteso effetto emotivo. "Tempus Fugit", che apre l'album, insieme a "Celia" e "Stricly Confidential" sono da lui composti, da ritenersi capolavori. Sono presenti anche ballad classiche come "April in Paris" e "Body And Soul", dove Powell si comporta con grande rispetto per la tradizione, ma non manca il tocco personale, facendo uso di un lirismo impreziosito e fedele alla melodia.
Un album prezioso e perfetto per gli amanti del bebop puro e radicale, che in questa occasione sboccia e profuma come una realtà che scrive pagine di storia della musica.
Elenco e tracce
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