"Half Way There", quarto album complessivo dei Busted e secondo dopo la reunion avvenuta nel 2015, è un'operazione talmente spudorata da suscitare quasi simpatia.

Il primo album del post reunion, "Night Driver", si era rivelato un buon disco ma lontanissimo da quello che la fanbase si aspettava: il risultato furono vendite non eccezionali e buona parte di critica e (soprattutto) pubblico a storcere il naso. Stavolta il ritorno alle origini può dirsi ben più deciso: la band britannica torna ad un approccio quasi completamente chitarristico, relega le ambizioni synth pop a giusto un paio di accenni (la strofa di "Race To Mars") e si getta a capofitto in un revival spudorato di certi stilemi del pop rock e del pop punk in voga tra la fine degli anni '90 e la prima metà degli anni zero.

Terreno nel quale i Busted si trovano assolutissimamente a proprio agio, e da buoni furboni quali sono scelgono come produttore un mostro sacro di quel periodo, quel Gil Norton che fu artefice di tanti successi del periodo (in cima alla lista "The Colour And The Shape" dei Foo Fighters, "Echo Park" dei gallesi Feeder, senza dimenticare i fondamentali Pixies). Già dall'apertura con la spassosa "Nineties" si capisce che aria tira (quando citi Oasis, Nirvana, Goonies, Smashing Pumpkins e Macaulay Culkin sai assolutamente dove andare a parare); dopo una breve strofa sommessa e nostalgica, le chitarre esplodono in un tripudio nirvaniano e la mano di Norton è assolutamente riconoscibile.

Il futuro secondo singolo "Shipwrecked In Atlantis" saccheggia a piene mani da "The Rock Show" dei Blink-182, "Reunion" prosegue recuperando le origini pop punk della band, il primo singolo ufficiale "Radio" è l'unica oasi di tranquillità del disco assieme al folk pop di "All My Friends" e "What Happened To Your Band" è una reincisione di un pezzo del progetto parallelo McBusted.

Tutto un trita e ritrita quindi? No, perché i Busted hanno un talento melodico sopra la media. In mano ad altri questo "Half Way There" sarebbe risultato solo il lavoro di una cover band mascherata, mente Simpson e soci sono abili costruttori di melodie immediate e ficcanti. Permane la sensazione che si possa fare molto, molto di più, ma che la cazzonaggine della band in oggetto impedisca questo benedetto salto di qualità.

Ai posteri, e possibilmente anche ai poster ingialliti dei Blink-182, l'ardua sentenza.

Brano migliore: Race To Mars

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