Il maestrale è il vento che spira da Nord-Ovest, nella mia isola la fa da padrone, è "il principale di tutti i venti" dicono in molti, chissà se è vero. Sicuramente quando soffia e sei in città, lo maledici, ma cambia tutto se sei davanti al mare: allora lo trovi grandioso, prepotente, possente e devastante, il mare è in suo potere e non può che assecondare le sue raffiche con impressionanti onde che si rincorrono e producono tanta schiuma da sembrarti una gigantesca lavanderia, perché dopo, al termine della maestralata, la spiaggia si pulisce e l'acqua pure...

Questo è quello che mi ha trasmesso "47 Ronin", quando l'ho rivisto. Stroncato dalla critica, accettato dal pubblico, definito "hollywoodiano" nel senso più dispregiativo del termine. La storia tratta da un episodio veramente accaduto, racconta le vicende del mezzosangue Kai (Keanu Reeves) e di un mondo di demoni da cui sono circondati dopo la morte del loro maestro Asano: lui e i ronin, ormai sono senza padrone. Forse è vero che il 47 ronin americano non riesce o non vuole raccontare la realtà dei fatti, ma la usa per creare una storia fantastica: raccontare di quei samurai che cercano vendetta per il loro maestro, pur sapendo che l'epilogo non potrà essere che la loro morte, rende l'atmosfera carica di tensione emotiva e le scene più reali di quanto la grafica vorrebbe. La storia d'amore di Kai con la bella figlia di Asano, vera o no, ti intenerisce il cuore (le donzelle capiranno!).

Nessuno spoiler è concesso: il film andrebbe visto solo perché qualcuno, forse anche in modo maldestro, ha cercato di raccontare i massimi valori nazionali giapponesi e il Giappone festeggia i suoi veri eroi il 14 dicembre di ogni anno con il Gishi-sai no cha, una cerimonia del the.

La scena finale, corale, è una cartolina molto ben riuscita. Daisuki​

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