Sono passati 25 anni dall’uscita di Epica Etica Etnica Pathos, il canto del cigno dei CCCP.

Sì, si parla ancora dei CCCP come testimonia anche la cover del disco, perché per molti intenditori (e non) questo album è da considerarsi preferibilmente come prima fonte di testimonianza dei CSI piuttosto che come ultima traccia dei CCCP.

Proprio da questa considerazione sorge una riflessione che esula dal contesto meramente musicale per lambire contesti storico-politici e territori antropologico-religiosi.

Perché 25 anni sono,forse, il tempo giusto per digerire questa pietra miliare della musica.

Era il 1990, a ridosso della Caduta del Muro di Berlino e quindi negli ultimi strascichi della politica comunista che aveva tenuto testa al capitalismo occidentale.

I CCCP erano di ritorno dalla tournèe in Russia, accompagnati dai Litfiba (quelli di Desaparecido, per intenderci): insomma la situazione era paragonabile a quando un astronauta, dopo anni di studio, ricerche, allenamenti e sogni tocca finalmente il suolo lunare.

Il nome del gruppo CCCP era dovuto al fatto che la musica che componevano era, a detta loro, “un punk filo-sovietico”.

L’ URSS era il modello e finalmente ci erano arrivati, giungendo a suonare anche di fronte alla Armata Rossa; la consacrazione e il raggiungimento di un sogno, come Lindo Ferretti stesso ama ripetere.

E nella condivisione di questa indimenticabile esperienza, dell’ancora vergine 1989, che gli amici Lindo Ferretti e Zamboni propongono a Francesco Manganelli, Ringo de Palma e Gianni Maroccolo rispettivamente tastiere batterie e basso dei compagni-Litfiba di andare a vivere per un po’ come una comune in una villa dispersa in campagna (quella raffigurata nella cover) dove poter distendere tutte le emozioni accumulate insieme in forma di note e parole da registrare rigorosamente live, affinchè il profumo di quell’atmosfera venisse respirato e ascoltato intatto.

Questo disco è dunque il mare di sensazioni dove è confluito il torrente emotivo del gruppo, nel percorso dalla Russia alla campagna; da una sbornia a una riflessione, da un’ideologia a un consapevole rammarico.

Questo Cd rappresenta l’emblema della dissoluzione di un sogno Umano in un etere Divino e quindi il passaggio di consegne da un atteggiamento ideologico ad uno mistico.

Perché la generazione dei Lindo Ferretti era nata e cresciuta non con un desiderio di appartenenza, quanto con una necessità di appartenenza.

Bisognava scegliere tra rosso e nero, sinistra e destra, URSS o Stati Uniti, Crujff o Beckembauer.

E tutto quello in cui avevano creduto, tutto quello per cui avevano prestato la voce e le musiche si stava disgregando davanti ai loro occhi in una campagna dispersa, proprio a ridosso del loro viaggio “mistico” nel terre del pugno stretto.

E questo LP è una commistione tra la nostalgia per ciò che è stato e il desiderio di parcheggiare l’irrequietudine dell’ anima verso un lido sacro e riparato.

E’ un disco che guarda con diffidenza il genere umano abbandonandosi all’altrove.

Già nel titolo della canzone che apre il Disco si trova un ben nascosto ossimoro, Aghia Sofia in altri termini Santa, Sapienza.

La fede e la conoscenza non sono mai andate d’accordo, se non cercandole di forzare l’una nell’altra portando a quello che Heidegger definiva un “ferro ligneo”, un qualcosa che non può esistere.

Quel grido “Il moderno iniziato, è finito..Cittadine e Cittadini” è la trasposizione musicale dell’ urlo di Munch; “Guarda Sofia, guarda la vita che vola via”..

E’ un disco tragico, che ha perso la verve burlesca del punk; è la storia di un amante tradito.

Per cui, per quanto dal punto di vista stilistico e musicale,e quindi anche per quanto concerne i componenti del gruppo, questo CD è legittimo considerarlo come il primo di una nuova formazione; dal punto di vista del contenuto e della storia che racconta, personalmente credo sia giusto considerarlo come l’ultima lettera disillusa dei CCCP al loro pubblico.

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