C'è anche un qualche vantaggio - credo - ad avere un'età. Uno di questi è legato al dimenticare. Dimenticare, ad esempio, cosa mi abbia portato ad avere questo disco. Scaricato, come farebbe un qualunque ragazzino. E credo non per caso. E dimenticato. Lì, sul mio ipod. In mezzo a mille altre robe. Niente copertina, niente che mi ricordi come e perché ci sono arrivato. Poi, e dicevo dei vantaggi dell'età, un giorno ci passi per caso e dici: sentiamo.

Cecil Taylor, lo dico ci fosse un qualche ragazzino che legge, è un pianista. Anche un poeta. Considerato uno degli inventori del free jazz. Suona il piano come suonasse la batteria. Certo, lontano mille miglia dal mio amatissimo Teddy, ma c'ha un suo perché. Qui è con Billy Dixon alla tromba, e un po' di altra gente, non famosissima, ma di quelli che sanno fare il loro mestiere. Il disco si compone di tre pezzi, due per la precisione, ma di uno c'è un alternate take. Due lunghi pezzi. Liberi e selvaggi. E strani. Sì, decisamente strani. Perché sono pezzi certamente liberi, e sicuramente ascrivibili alla categoria free jazz. Ma anche, forse, diversi.

Boh, buttiamola lì, detta da uno che ne sa niente. Il free jazz è il rifiuto di un qualunque tipo di forma. E rabbia, e black power, e distruzione. La stessa rabbia, volendo, che si ritrova anche in mille altre parti. In altri mille momenti, da parte di mille altre persone. La distruzione di ogni forma, di ogni canone. Ed è bella, quella rabbia lì, quella forza. Specie se in qualche modo la vivi. Poi, come sempre capita, anche il rifiuto della forma si solidifica, e diventa una forma lui stesso. Tanto che quasi vai a rimpiangere la forma che c'era prima. Boh, succede così, è sempre successo. Forse sempre succederà.

Ecco, forse questo è uno degli svantaggi dell'avere un'età. Il pensare che le cose si ripetano, in qualche modo. E sempre uguali. Boh, sarà. Questo disco qua, invece, no. Questo disco qua è una roba strana. Una di quelle robe strane che ogni tanto capitano. Un disco che sta a metà. Ora, in generale, le robe che stanno a metà non fanno tantissimo piacere. Tipo: e deciditi una buona volta. Oppure: scegli, segui la forma, oppure non la segui. Sei conservatore, oppure progressista. O che ne so.

Certe volte, invece, quando una roba sta a metà, ti comunica una cosa, che non sentivi prima, che non sentirai dopo. Senti energia. Un'energia che poco prima non c'era. Un'energia che poco dopo sarà, diventerà anche lei uno standard.

E nel contempo, come dire, gentilezza. Rispetto, ecco. Come dire lo so cos'è quello che sto criticando. E non lo voglio buttare nella spazzatura, voglio solo dire che si può anche fare diverso. Oppure, vorrei qualcosa di diverso, ma ancora, che cosa sia, non lo so. Ecco, una cosa così. Che non si può dire cosa sia. Che forse, almeno credo, nemmeno lui, Cecil, lo ha mai capito. Una roba a metà, meravigliosa. Come un equilibrio, instabile e irripetibile. Che dura un secondo. Che si ferma, su un disco, un disco come questo.

Che mica lo so come ci sono arrivato. Che mica lo so cosa mi ci ha portato. Ma se per caso, vi capitasse anche a voi, magari perché leggete qua, boh, forse, qualcosa di buono il piccolo andisceppard lo avrà fatto.


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