Pavese bisogna amarlo, perchè vuol dire amare una delle più grandi espressioni letterarie dell'Europa del '900. Vuol dire addentrarsi nella sua prosa sofferta ma semplice, proletaria nei toni e nei paesaggi, ancorata ai luoghi, viva, energica, nostalgica. Una miriade di aggettivi potrebbero essere usati ma nessuno riuscirebbe a contenere appieno tutte le sfumature stilistiche delle opere di Pavese.

Pochi hanno saputo raccontare frammenti di vita quotidiana con la stessa naturalezza sofferente, nostalgica e realistica come è riuscito a fare Pavese, che dal luogo in cui è nato, le Langhe piemontesi, ha tratto tutta la forza necessaria per elaborare i suoi romanzi, che sono vere e proprie rappresentazioni di vita dell'Italia a cavallo tra gli anni '40 e '50. Un'Italia periferica quella descritta da Pavese: la sua penna non si indirizza ai proprietari industriali che di li a poco si sarebbero resi famosi con il "boom economico", ma piuttosto si concentra sulle persone comuni, quelle che lavorano ogni giorno sotto il sole, nelle colline, al riparo dalle turbolenze affaristiche, sole con loro stesse e con le loro famiglie. Nel romanzo breve La spiagga, pubblicato nel 1942, lo scenario tipico di Pavese si sposta negli anfratti costieri della Genova dei primi anni '40, sebbene non manchi l'episodio malinconico e allo stesso tempo gioioso della visita alle colline piemontesi da parte di Doro e del protagonista del libro, un professore di cui non ci viene riferito il nome.

Il romanzo, che inizialmente sembra il felice rincontrarsi di due amici, che discorrono sul tempo passato assieme e la giovinezza perduta, si trasforma ben presto in un'opera di più largo respiro, che va ad inglobare la brezza marina, che diventa meditazione sulle leggere flessioni psicologiche tra due innamorati. La spiaggia che diventa luogo di riflessione, in cui restare soli a pensare e ricordare il tempo passato, in cui la nostalgia avanza e si prendono sul serio le difficoltà della vita, l'amore, la solitudine e anche la consapevolezza di essere davvero diventati "grandi". E' Pavese: unisce tutti questi elementi attraverso un linguaggio semplice, quasi spezzato, che si incunea allo stesso modo degli ulivi e delle riviere che vengono descritte. La storia di uomini passati, di tempi andati. La voglia di tranquillità...

Guido si mise a ridere. "Ci sono donne di carne," disse, "e donne d'aria. Una boccata dopo pranzo fa bene. Ma bisogna prima aver mangiato."

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