La tradizione classica americana non si può certo definire all'altezza di quella della maggior parte dei paesi europei.
Del resto stiamo parlando di un paese ancora relativamente giovane e dove fino a meno di  un secolo fa non era difficile trovarsi in una situazione simile a quelle che potremmo vedere descritte nei film di John Ford o Sam Peckinpah, che oggi ci sembrano appartenere ad un passato remotissimo. E invece...

Ives è stato uno dei primi compositori statunitensi a raggiungere la fama.
Nato nel 1874 nel Connecticut da un direttore di una piccola banda militare intraprese lo studio della musica sotto la guida del genitore ma le cose cominciarono a farsi serie solo quando si recò a Yale a studiare composizione con Horatio Parker, il quale trovò inaccettabile la tendenza allo sperimentalismo del suo giovane allievo. Del resto la scuola di New York sarebbe venuta soltanto moltissimi anni dopo e la tradizione musicale statunitense all'epoca era assai conservatrice e modellata sugli stilemi di quella europea (del resto non avrebbe potuto essere altrimenti).
Frustrato e deciso a non scendere a compromessi il giovane Ives decise di ripiegare su un lavoro più sicuro e si mise a fare l'assicuratore (come vedete anche se di acqua sotto i ponti ne è passata le cose non erano molto differenti da oggi da questo punto di vista).

Ma il suo genio non poteva starsene in fase di latenza a lungo. Per la festa di indipendenza del 1891 compose le Variations on America in cui portava a compimento i suoi studi sulla politonalità, mentre con le opere successive si avvicinò all'atonalità e alla dodecafonia.
Le quattro sinfonie sono forse la massima espressione della sua arte e della sua continua ricerca e sono utili  anche a tracciare un percorso della sua crescita come musicista; nella prima sinfonia sono infatti evidenti i richiami al sinfonismo romantico europeo (in primis Tchaikovsky, Mendelssohn e Dvorak) mentre se nella seconda sono ancora molto evidenti le influenze europee, in particolare Wagner, Bach e Brahms (addirittura modellando gli ultimi due movimenti sul finale della prima sinfonia di quest'ultimo) i temi qui sono squisitamente americani: una canzone dalla guerra civile, un inno da banda miltare e addirittura la citazione di una canzone di Stephen Foster (Sì, quello di "Oh! Susanna").
La terza, divisa in tre movimenti, descrive la giornata di un meeting religioso e i temi sono presi in prestito da quelli che Ives stesso suonò in occasioni e ricorrenze simili. Molto innovativo l'uso che fa del tema principale nei due movimenti lenti, dove infatti compare solo alla fine, preceduto da piccoli frammenti o varianti dello stesso.
La quarta, imponente sinfonia composta fra il 1909 e il 1916 è forse il capolavoro assoluto di Ives: caratterizzata da un'orchestrazione molto complessa e un uso massicio della poliritmia tanto da richiedere due direttori d'orchestra, ma va ricordata anche perchè fra i primi esperimenti a portare uno strumento come il Theremin in un contesto musicale simile. Con questo approccio estremamente rivoluzionario alla composizione Ives voleva, a sua detta, trasferire in musica la logica del sogno con un'opera di estrema complessità, che deraglia infatti in maniera inaspettata su binari sempre nuovi e differenti. Qui le citazioni e i richiami a temi famosi provenienti dalla cultura popolare sono talmente tanti e affastellati che è praticamente impossibile distinguerli.

Se vi piace l'avanguardia americana degli anni '40 e '50 ascoltando questa musica vi renderete conto di quanto fu antesignano Ives, e per quante nuove strade abbia gettato le basi sfidando un sistema estremamente reazionario.
La storia gli ha dato ragione.

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