Il mondo sarà salvato dalla bellezza?, si chiede Dostoevskij nell'Idiota. La risposta non può che essere affermativa ascoltando il meraviglioso "Diane" di Chet Baker, uno dei suoi album migliori e più sconosciuti di sempre (almeno in Italia) e per me decisamente il più bello e commovente. Siamo nel 1985, ma è inutile ingabbiarsi nelle date, difronte ad una musica veramente classica, cioè senza tempo, né spazio.

Il soffio di Chet si unisce a quello pianistico di Paul Bley in una raffinatissima simbiosi armonica che ha dell'incredibile, gemelli siamesi con un unico cuore (mi viene da pensare solo alla trinità jazz - Evans, La Faro, Motion).  

Diane è stata forse l'ultima compagna di Chet, quella che lo considerava "il diavolo incarnato" e che ne presagiva la fine maledetta e incombente. E' a lei che va una delle gemme preziose di questo dolente album, oltre che il titolo. Ma anche qui siamo nel tempo, nella biografia, nell'allora. Gli otto brani sussurrati dal duo Chet Bley sono ormai patrimonio dell'umanità e punto di non ritorno di un umanesimo disincarnato ed emancipato dalle specifiche singolarità.  Anche da quelle che resero la notte del 13 maggio 1988 (morte di Chet) ancora più buia e fosca sotto i cieli di Amsterdam e del Jazz.

Ma adesso è il tempo della Bellezza e del Sempre, che trova il suo epicentro nella straziante "You Go to My Head", unico brano cantato e vera perla dell'album. Mai Chet ha cantato così. Mai. Un brano emotivamente insostenibile, che scava nel cuore profondo dell'ascoltatore. L'assolo di tromba, poi, sembra raccogliere tutta la struggente nostalgia che un uomo possa solo immaginare di provare, riversandola, come lava crudele, nell'incerto sentiero scavato dalle note. E dall'ultima nota di tromba si scioglie ancora la voce, quella Voce che evapora in sospiro fragilissimo ed esangue fino alla chiusura del brano.

Poi il silenzio. Un silenzio carico di echi e vibrazioni, un silenzio che ritorna in tutti gli altri brani e li impasta di buio e poesia.  Sì, perchè è proprio alla poesia che occorre chiedere aiuto per descrivere tali atmosfere impalpabili che solo questo duo riesce ad evocare. "Come notte che alita ricordi e sussurra il suo protagonismo alle cose mute"- Così la tromba di Baker. Sì perché la musica è magica, e a volte, come in questo caso, si fa silenzio e notte.

Un disco che va dritto al cuore, senza inutili filtri di virtuosismi e accademie. Un disco che manda fuori di testa, così come recita il poeta Chet, attraverso il bellissimo testo di "You Go to My Head"

Mandi fuori di testa

come un ritornello ossessivo

Una giostra della mia mente

Un bicchiere di champagne

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