I PUFFI!... No, niente paura, non mi sono ancora rincretinito, non del tutto almeno, è che mi fa un certo effetto ritrovare i personaggi dei cartoni animati sulla copertina un disco jazz...

Questo lavoro del 1978, realizzato in compagnia del sassofonista e flautista Joe Farrell, e dalla collaudata sezione ritmica Eddie Gomez - Steve Gadd, oltre che assai gradevole, è interessante perchè si pone ad un immaginario crocevia tra le molteplici, innumerevoli direzioni stilistiche prese da Anthony Armando "Chick" Corea nella sua ormai quarantennale carriera: il formidabile pianismo, la cui parabola percorre un arco della storia del jazz che abbraccia Bud Powell, Horace Silver, fino al free più astratto e creativo; il magistero alle tastiere, con il mitico Fender Rhodes in prima fila, illustrato nei dischi più seminali del Davis "elettrico", ma anche nelle interminabili cavalcate dei Return To Forever; la fusion patinata, superlussosa e supercriticata della Elektric Band; le collaborazioni con i più disparati personaggi della musica a tutti i livelli, da Gary Burton a Anthony Braxton. In breve, il nostro non si è fatto mancare proprio nulla, in un arcobaleno di exploit artistici costellato di ispirati capolavori, e che ha visto anche qualche caduta di stile, perdonabile solo ai più grandi.

Quattro amici dunque, ma anche quattro volponi che sanno alla perfezione come agganciare l'audience e trasportarla in un viaggio musicale delizioso e pregnante. Il pianista di origini italiane sceglie temi semplici, apparentemente fanciulleschi (sono qui presenti due delle famose "Children's song"). In virtù della indiscutibile classe esecutiva dei musicisti convenuti, la gioia, la levità e la cantabilità non sono altro che un veicolo per supportare il fuoco tranquillo di improvvisazioni che scaldano il cuore. Ma, quando è necessario, sanno anche divampare, sospinte da brucianti ed improvvise accelerazioni ritmiche. Corea fa la parte del leone, naturalmente, spartendosi tra i suoi due amori, il pianoforte acustico ed elettrico. Si fa accompagnare da un carezzevole Farrell al flauto, che però al momento opportuno tira fuori grinta da vendere, come accade in "Sicily" e "Waltse For Dave" (quest'ultimo dedicato a Brubeck).

Tutti hanno l'occasione di mettersi in mostra, e tutti fanno un figurone. Eddie Gomez, in un paio di assoli, stupisce ancora una volta con la sua impressionante tecnica al contrabbasso, a proposito della quale ebbe modo di dichiarare: "It's a matter of conception, more than of tecnique. I think of the instrument as if it was a horn". E se lo dice lui... Steve Gadd, superprofessionista delle bacchette e sideman richiestissimo ai tempi, sfodera eleganti poliritmìe nei brani più movimentati e danzanti, e non fa rimpiangere l'assenza di un percussionista. Bello il suo assolo nella sensuale e trascinante "Samba Song".

Una menzione a parte merita l'ineffabile brano di chiusura "Cappucino", oscillante tra bebop e modale, e rinvigorito da imperiose pennellate pianistiche. La sequenza di assoli è entusiasmante, con Farrell che delizia per il perfetto controllo del sax soprano. Alla fine di ogni assolo, scattano involontariamente le mani in un ipotetico applauso (chi ha assistito ad almeno un concerto jazz dal vivo capisce cosa intendo).

Cinquanta minuti di ottimo jazz suonati come Dio comanda. Un gran bel disco, che ha il solo torto di essere, per forza di cose, inferiore a capolavori come "Now He Sings, Now He Sobs" e "A.R.C.", e per questo non prende il massimo dei voti.

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