Ovvero: "La Musica House in Italia", ovvero "Gerarchia ed eterogenesi degli stili musicali", ovvero "Regole fondamentali per non scrivere una recensione".
Dunque, ovviando al fatto che tra il serio e il faceto distinzioni musicali se ne sono fatte tante, non di rado anche da queste parti, mettiamo puntini sulle i onde evitare ogni fraintendimento di sorta, elencando i tipi umani coinvolti nell'ascolto più o meno occasionale di quelli che i mortali nomano musica.

Procedendo per classifica di presunzione, ecco che la classe più felicemente eterogenea e alambiccosa è quella degl'"intellettuali".
Primo sottogenere in ordine sparso è quello dei vaporosi viveur della musica classica-lirica, quelli che per intenderci affermano che la musica è incantevolmente terminata nel diciannovesimo secolo: sopportano a malapena il jazz e blues, disdegnano tutto il resto. Frequentano i teatri, mangiano crusca e avena, si accoppiano - quando vogliono - nei letti matrimoniali.

Seconda sottoclasse è quella degl'intellettuali incazzati contro il sistema. Non è del tutto chiaro perché e per come siano incazzati, forse è semplicemente un loro status intrinseco, sta di fatto che con costoro non è facile far di conto; ascoltano principalmente la leggera italiana colta degli anni '70: De Gregori, Dalla, De André, Guccini, i Nomadi; si riuniscono in piccole alcove, vanno scamiciati nei matrimoni, si accoppiano sui sedili delle vecchie Panda 4X4.

Terza sottoclasse è quella dei feticisti della musica etnica, quelli che ti costringono ad ascoltare ore di reel celtici e syrtaki, ti spiegano tante belle cose sulle danze bulgare che tu non vorresti mai sapere, ti introducono nel pruriginoso mondo dei capoeira e delle danze tribali: tendenzialmente instabili, sono più che convinti delle loro opinioni; si vestono in camicia e maglione a "V", mangiano sushi e fagiolada, si accoppiano ad alta quota tra uno yodel e un altro.

Strettamente connessa all'intera ridda di intellettuali è la variegata schiera degli amanti della canzone generica. Costoro hanno la peculiarità di amare allo stesso tempo tutto e niente: ascoltano la musica più per inerzia che per altro, si informano su quello che va per la maggiore, canticchiano "La Bamba" e "Gelato al Cioccolato" senza distinzioni alcune; fanno una vita molto normale, mangiano a mensa quando fanno tardi, si accoppiano nelle camere d' albergo.

Ovviando a classi derivate per promiscuità dalle sopraccitate, passiamo al meraviglioso mondo dei "metallari". Termine ormai troppo generico, andrebbe specificato in tutti i suoi numerosi sottogeneri, ma, non ce ne vorranno i soft grunge alternative con un tocco di trip hop, procederemo per sommi capi, inserendo nel contesto dei metallari stessi anche coloro che coltivano altro tipo di musica come il punk o l'hard rock, intendendo quindi con tale termine coloro che nella pratica coltivano musica dalle forte sonorità.
Dunque, la classe più pericolosa biogeneticamente parlando è quella dei "metallari musicisti". Tipi eterogenei e di varia umanità, sono quegli amanti dell'hard rock e del metal che si dilettano amenamente con chitarra elettrica o basso. Disgrazia delle disgrazie, sono quelli che ti chiudono in camera facendoti sentire come riescono ad imitare bene quell'assolo di Petrucci o di Stratton, ben tenendo presente che magari è già l'assolo originale, nei suoi lunghi e snervanti minuti, a starti un po' sulle balle: figurati l'imitazione. Grandi amanti del frastuono fai-da-te, disdegnano spesso le discoteche, si riuniscono in branchi, si accoppiano nelle pause dei concerti.

Altra sottoclasse, i "metallari pogatori", cui affini sono soprattutto i Punk, sono quelli che disdegnano meno le discoteche, tanto da voler salire sul palco di qualsiasi concertino nel più fumoso dei disco-pub solo per buttarsi felicemente tra schiere di mani festose che il più delle volte non li ricevono affatto (un mio amico si è fatto male di brutto per questa storia): pogano a tutta forza, sudano impietosamente, non infrequentemente si accoppiano tra uno spintone e un altro.

Ma andiamo a noi, con la pretesa di avere esaurito buona parte della nostra disamina, giungendo al genere più controverso del panorama musicale. Ultima favolosa schiera della variegata teoria di tipi musicali è la decantata classe dei "tunzettari". Non è facile cercare di capire quali siano i motivi che portano costoro ad ascoltare la musica che ascoltano, e soprattutto definire ciò che loro intriga. Prendete ad esempio questo disco di Claudio Coccoluto, uno dei più decantati dj dell'House made in Italy: già a partire da "Rocker", prima traccia dell'album, ci si chiede quale sia l'idea di musica sottointesa dagli amanti del genere tunzettaro, tanto più che di "musikè", di "Arte delle Muse", nella traccia in questione come in tutti gli altri pezzi, non c'è segno: pura esasperazione ritmica che non è melodia in nessun contesto se non tra le mura dell'habitat discotecaro, ove a volume da rincoglionimento, si coglie, oltre all'iperuranio, la suprema essenza del casino, che ai suoi massimi livelli smuove le membra per semplice inerzia; ai tunzettari piace muoversi a ritmo di "tunz tunz", e se ne fregano altamente di tutti quegli intenditori, intellettuali o metallari che siano, che ne criticano l'ignoranza in materia di musica. Vivono alla giornata, mangiano al McDonald's, si accoppiano nei bagni dei disco-pub.
Ah, dimenticavo, se proprio volete ascoltarlo il disco, sono carine "Leave Me Alone" e "808 Lazerbeam".

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